IL CORAGGIO DEL CAMBIAMENTO
Confesso che l’editoriale dal titolo “VIVERE E’ CAMBIARE” pubblicato sull’ultimo numero de L’ALPINO a firma del Direttore uscente Don Bruno Fasani quale commiato dopo dieci anni alla guida del nostro giornale nazionale è quello che mi vede completamente partecipe e nel quale mi riconosco appieno. Voglio sottolineare alcuni passaggi significativi: “dieci anni alla direzione sono più che sufficienti a dare il massimo”, “cadere nell’abitudine e nella pigrizia mentale cullandosi nel fatto di avere sempre fatto così”, “voler rimanere al timone ad oltranza in un ruolo che diventa alla fine un nido”. Ebbene penso che questi stati d’animo siano applicabili ad ogni ambito della vita di ognuno di noi, da quella lavorativa a quella degli interessi personali passando, perché no, da quella associativa. Sono diventato capogruppo all’età di 25 anni e lo sono tutt’ora e ricordo che dalle prime riunioni vedevo attorno a me altri capigruppo di poco più “vecchi” di me…e se tutt’oggi alcuni ricoprono ancora la stessa carica, allora vuol dire che c’è qualcosa che non va. Non si può non pensare che quel “si è sempre fatto così” non incida sulla vita associativa e sulle scelte che vengono fatte all’interno dei Gruppi e se, sempre come dice Don Fasani, la vita e la vitalità dei Gruppi discende dalla qualità di chi è al comando, è presuntuoso sperare che una carica ad oltranza non possa soffrire di una stanchezza mentale che rischia di sconfinare nell’apatia. Paragonando il Gruppo, le Sezioni e l’Associazione stessa ad una azienda-famiglia non posso ricordare i (purtroppo) tanti esempi di ditte fiorenti che alla scomparsa del vecchio fondatore sono miseramente fallite a causa dei figli incapaci e certamente mancanti dello spirito di impegno del patriarca che però a sua volta aveva avuto magari il difetto di non volere insegnare o delegare.
Mi viene in mente anche un aspetto all’inizio della mia vita lavorativa: giovane apprendista affiancavo a settimane alterne gli operai più esperti, ebbene alcuni dopo un paio di giorni mi affidavano la pinza per saldare e mi lasciavano sbagliare fino a quando non riuscivo ad imparare a fare bene il lavoro, mentre altri mi utilizzavano solo come passa attrezzi gelosi del proprio ruolo e restii a condividere le conoscenze con altri che magari avrebbero impostato il lavoro in maniera più produttiva ed efficiente. Certo che poi alla disponibilità del cambiamento da parte della vecchia guardia è indispensabile contrapporre la disponibilità ad imparare e ad impegnarsi da parte delle nuove (non ho detto giovani) leve che se interessate al proseguimento e al miglioramento della vita lavorativa ed associativa devono mettersi in gioco e dedicare parte del proprio tempo al bene comune apportando nuove idee ed impegnandosi a realizzarle; la frase che da sempre mi ha dato più fastidio è quella “Non ho tempo, sono impegnato, la famiglia, il lavoro ecc.” è come sentirsi dire: “Tu non hai niente da fare” e vi assicuro che questa frase è veramente pesante da digerire e alla lunga può portare, sempre come dice Don Fasani, ad abbandonarsi al quieto vivere, al tran tran che per la vita associativa è quanto di più deleterio ci sia. L’augurio quindi è che si metta in pratica quel VECI E BOCIA che campeggia sulla nostra testata sezionale con i primi disposti a passare il testimone senza interferire con le “nuove” decisioni, ed i secondi disposti a scrivere una nuova pagina della vita associativa seppur nel rispetto della nostra storia e delle nostre tradizioni ma con una visione attuale e libera da pregiudizi ed abitudini che per forza di cose sono radicate nella zucca di noi “diversamente giovani”.
Franco Maggioni