Mi ricordo
Volevo iniziare queste quattro righe con “Amarcord” ma mi sembrava esagerato. Dunque: riandando a qualche sera fa, nella nostra baita si è tenuta la recita del Rosario, se non erro credo sia stata la prima volta. A titolo di cronaca erano pochi gli alpini presenti come la popolazione del resto, c’erano ancora tante sedie vuote, pazienza. Pochi ma buoni. Mentre si succedevano le Ave Marie, purtroppo ma senza malizia, la mia memoria iniziò a navigare, a tornare all’infanzia, ai famosi rosari di allora ancor’oggi stampati nella mia mente. A me piace da morire il film “L’albero degli zoccoli” di Ermanno Olmi: l’ho visto diverse volte ma sono pronto a “rigustarmelo” un’ennesima volta. Tolta qualche differenza, non tanta poi, io in quel film mi ci ritrovo, ci rivedo la mia infanzia. Queste fattorie perse fra la nebbia, senza corrente elettrica, senza l’acqua in casa, fattorie bruciate dal sole durante l’estate mentre l’inverno disegnava con il ghiaccio dei quadri irreali sui vetri delle finestre, madonna quanto freddo. Ritornando alla valigia dei ricordi: fra le tante cose, con i genitori nei campi noi piccoli, 7/8 anni, a casa eravamo occupati oltre ai compiti scolastici a riempire d’acqua i tegami degli animali, portare in casa i ciocchi di legna per il focolare, a pulire l’aia nei limiti delle nostre forze, insomma ce n’era per tutti e senza sconti: tutti per uno e uno per tutti in attesa del rientro dei genitori dai campi; finalmente la cena con le solite lavate di testa (lavate si fa per dire) per quanto si sforava dalla tabella di marcia. Si pregava anche, prima di andare a letto, preghiere veloci gestite dalla mamma, a maggio però c’era il Rosario iniziato e concluso solo con la forza di una fede semplice mentre gli occhi lottavano per rimanere aperti. Arrivavo con la faccia a livello del tavolo e sbirciavo mio padre che non era stato piegato dalla guerra e dalla prigionia in Germania e che sicuramente al posto del rosario avrebbe preferito una preghiera più corta: resisteva anche se la testa ciondolava per la fatica della giornata. Ed ecco che prima del Rosario entravo in azione non per scelta mia ma di mio padre: “allora tu che vai a scuola e sai fare di conto, a te l’incarico di contare le Ave Maria”, le 50 Ave Maria, iniziava così la mia tragedia di maggio … un’Ave Maria, due Ave Maria , tre Ave Maria , arrivare alle 50 ave maria era un qualcosa di titanico: le volte che mi sono inciampato con i numeri. A tal proposito ricorderò sempre con immensa gratitudine quando, più di una volta, vedendo la mia incertezza contabile mio padre mi chiese a che numero delle Ave Maria eravamo arrivati: dovevo arrendermi e confessare che avevo perso il conto. Mio padre mi guardava e con affettuosa semplicità mi diceva: "Allora il Rosario è finito, tutti a letto".Ancora adesso, in fondo in fondo, ho la sensazione, quasi una certezza che gli facevo un favore!
PIO