L'estate della SIA - Valsassina e 5° Alpini (Settembre 2015)
Data:
Argomento: Squadra Intervento Alpino


L’ESTATE DELLA S.I.A.  VAL SASSINA E 5° ALPINI

Anche durante il periodo estivo i volontari della S.I.A. non hanno oziato e, rispettando il programma addestrativo hanno effettuato due uscite: la prima il 28 giugno ai Piani di Bobbio sopra Barzio per  la prevista salita alla ferrata Pesciola, una delle più impegnative delle nostre Prealpi ed infatti alla fine solo il nostro Giovanni è riuscito ad arrivare in vetta rispettando la tabella di marcia, mentre il sottoscritto ha dovuto abbandonare dopo l’attacco per problemi fisici.  E’ stato comunque un buon allenamento anche in previsione di quello che ci aspettava a fine luglio e precisamente i giorni 25 e 26 quando l’intera squadra è andata in trasferta in alta Valfurva per rendere omaggio al Rifugio che per antonomasia rappresenta il nostro Corpo: il Quinto Alpini.



Questo è stato il primo anno dopo tanto tempo che non ci ha visti partecipare al Pellegrinaggio in Adamello e ciò a causa dell’ormai consolidata abitudine di avere già il numero chiuso di partecipanti a poche ore dall’apertura delle iscrizioni con il risultato che il Pellegrinaggio è riservato a un centinaio di persone, naturalmente appartenenti alle Sezioni organizzatrici. Parlo naturalmente della partecipazione alpinistica nei giorni che precedono la cerimonia della domenica e che per chi intende “fare” qualcosa in più della sfilata è un po’ riduttivo. Abbiamo così deciso di onorare in altro modo i nostri Caduti e ci siamo quindi recati in alta val Zebrù dove, alla base della vedretta nella valletta del Rio Marè, su un costone di roccia a quota 2.877 mt. sorge quello che è stato il primo rifugio costruito tra le vette del Gruppo Ortles – Cevedale: il Quinto Alpini – Bertarelli. La storia del Rifugio risale al 1884 quando, con il nome di Capanna Milano venne realizzato il corpo originale che fu poi teatro di numerose operazioni nel corso del primo conflitto mondiale quando su queste vette si fronteggiavano gli eserciti italiano e austroungarico molto spesso composto da valligiani che si conoscevano e che in tempo di pace salivano insieme queste montagne. Il rifugio ebbe la fortuna di non essere mai distrutto, diventò un baluardo a difesa delle possibili incursioni austriache e divenne sede del Comando dei circa 1.000 uomini posti a presidio della Valle Zebrù. A guerra terminata, nel 1928 con il contributo di Guido Bertarelli, già comandante degli alpini al quale il rifugio è oggi dedicato, si decise di ristrutturarlo con lavori che durarono sino al 1939 quando venne nuovamente inaugurato con la nuova dicitura: Quinto Alpini in memoria di quanti avevano combattuto ed erano periti su quegli impervi ghiacciai. Attualmente il rifugio, di proprietà della Sezione di Milano del CAI, è gestito in maniera encomiabile dai simpaticissimi Elena e Michele che lo hanno rilevato pochi anni fa e che stanno rivoluzionando il modo di intendere il rifugio organizzando serate a tema ed eventi particolari, il tutto a quasi 3.000 metri in un ambiente di straordinaria e suggestiva bellezza. La nuda cronaca dell’uscita ci ha visti arrivare in Valle il sabato mattina dove ci siamo ritrovati con il grosso della squadra già presente sul posto dalla sera precedente ed insieme, dopo avere raggiunto la baita del Pastore  posta a fondo valle, ci siamo incamminati sul ripido sentiero che nel primo pomeriggio ci ha portati al rifugio.  Ancora prima di prendere possesso delle cuccette, cappello alpino e gagliardetti dei Gruppi presenti abbiamo avuto il momento ufficiale con le foto di rito e nel pomeriggio ci siamo svagati salendo verso il ghiacciaio rimanendo spiacevolmente stupiti delle condizioni nel quale versa a causa dell’arretramento dello stesso dovuto al clima. La sera, dopo qualche attimo di incomprensione con alcuni ospiti, evidentemente poco portati alla compagnia e alla gioia di stare insieme, abbiamo goduto il piacere di essere al riparo mentre fuori il maltempo imperversava scatenando acqua e grandine. Per non urtare le sensibili orecchie di alcuni ospiti, ma invitati a farlo da altri, ci siamo pure esibiti in una serie di canti alpini…sottovoce…con il risultato di fare più fatica che non cantando normalmente (comunque erano le 20,30 mica notte fonda !!!). Nel corso della notte ognuno ha dato il proprio contributo sonoro al fine di tenere lontani gli animali dalle camerate e l’alba ci ha visti pronti ad affrontare una splendida giornata di sole.   Dopo la colazione e prima di metterci in cammino, ci siamo nuovamente schierati, cappello e gagliardetto, per ascoltare la Preghiera dell’Alpino che in quell’ambiente stupendo aveva un significato particolare. Ci siamo quindi messi in marcia e scendendo e risalendo la Val Zebrù abbiamo raggiunto l’elevazione maggiore del tour, il Passo Zebrù posto a 3.001 mt e che divide l’omonima valle dalla val Cedec.   Lo spettacolo era impressionante e ci si sentiva piccoli al cospetto della gigantesca mole del Gran Zebrù mentre davanti a noi si stendeva il ghiacciaio del Cevedale con tutte le cime dal Tresero, al San Matteo al Palon della Mare, dal Vioz alla Pedranzini e Dosegù. Dopo esserci ricompattati siamo discesi al rifugio Pizzini da dove, dopo uno spuntino abbiamo disceso la lunga valle Cedec arrivando poi al rifugio dei Forni dove si concludeva il nostro “giro”. Tornati a Santa Caterina e recuperata l’auto lasciata al posteggio da dove eravamo partiti, prendevamo la strada del rientro con un pensiero alle due belle giornate trascorse in posti stupendi con una degna compagnia. Arrivederci ai prossimi appuntamenti con la salita alle targhe Mazzucchi e Figel.

Franco Maggioni







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