Terremoto Marche 2° parte: I ragazzi di S. Ginesio (Gennaio 2017)
Data:
Argomento: Protezione Civile


 

TERREMOTO MARCHE PARTE 2°: I RAGAZZI DI S. GINESIO

 

 

Per la seconda volta in due mesi ho avuto l’opportunità di poter “dare una mano” nelle località colpite dalle violente scosse di terremoto del 24 agosto e della fine di ottobre, anche se purtroppo non si può ancora mettere la parola fine a questa tremenda situazione in quanto la terra continua ogni giorno a tremare e la situazione è lungi dall’essere risolta. Questa volta, dopo l’intervento ad Arquata del Tronto, la destinazione della squadra di “milanesi” composta da Elia, Danilo, Bruno e dal sottoscritto era il borgo medievale di S. Ginesio in provincia di Macerata, uno dei paesi più belli che abbia mai visto e dopo avere trascorso le vacanze estive in moto sulle montagne pirenaiche e visitato innumerevoli località “simili”, posso assicurare che un posto così se lo sognano: è un autentico gioiellino. Per dovere di cronaca in breve un riassunto dei compiti svolti nella settimana di permanenza: controllo 24 h. dell’accesso alla parte “chiusa” del paese e alla relativa zona rossa, gestione della segreteria dell’ostello dove erano ospitati gli sfollati con le case inagibili o vicine ad altre pericolanti, molti dei quali anziani ai quali bisognava assicurare una dignitosa assistenza senza tralasciare il fattore umano che giocava un ruolo importante nella relazione con questi ospiti, aiuto nel trasloco degli uffici comunali in vista delle votazioni referendarie, trasferta in quel di Gualdo per smontare una tensostruttura utilizzata nelle prime fasi dell’emergenza, collaborazione con i Vigili del Fuoco per il trasporto di cittadini nella zona rossa per il recupero di oggetti personali o dare cibo agli animali, mentre una squadra si occupava della gestione della cucina che provvedeva ai pasti per tutti.



Il tutto unito allo sgomento che si provava nel percorrere quelle strade solo pochi mesi fa piene di vita ed ora deserte e ostili o il senso di impotenza nell’entrare nella Collegiata, emblema della cittadina e vedere le panche e l’altare ricoperti di macerie e calcinacci, nonché il cercare di alleviare almeno un po’ a volte con qualche battuta la frustrazione che inevitabilmente colpiva persone che magari non erano mai uscite in vita loro dal paese e che ora si ritrovavano prigionieri di una situazione nuova e senza immediata possibilità di ritorno alla vita normale.
E fin qui la nuda cronaca di quello che facciamo (purtroppo di solito) in questi casi sennonché questa volta c’erano loro, gli splendidi ragazze e ragazzi di S. Ginesio, un gruppetto di amici coetanei che nell’emergenza hanno saputo gestire una situazione difficilissima con uno spirito incredibile alla faccia delle tante persone qualificate e stipendiate per fare quello che loro hanno preso di petto da subito e che ancora oggi, a distanza di quasi quattro mesi continuano a fare in maniera impeccabile. Laura, Alessandra, Silvia con suo marito Alessio (e i loro 2 bambini), Costanza, Francesca, Nicola, Andrea questi sono i magnifici ragazzi di S. Ginesio che dalla notte del 30 ottobre, nel buio hanno organizzato i primi soccorsi alla loro gente, hanno istituito i posti di controllo al borgo, hanno preso un banco e iniziato a stilare liste di nomi e di esigenze per persone che erano disorientate e avevano bisogno di qualcuno che “guidasse” l’emergenza e quei qualcuno erano questa banda di giovani pazzi che con la forza della loro gioventù e, forse anche una buona dose di incoscienza, hanno preso in mano la situazione e continuano ancora oggi a “tirare la carretta” dimostrando per il loro paese un amore e una dedizione sconfinata. Questo dovrebbe dare da pensare al quel funzionario che interpellato al telefono la notte del 30 ottobre chiedeva di attendere il mercoledì in quanto il giorno successivo (1 novembre) era festa! Ah dimenticavo, il gruppetto era capitanato dal giovane settantaseienne Benito 1,60 mt. di irrefrenabile forza della natura, mai stanco e sempre pronto a correre qua e la per risolvere i molteplici problemi che inevitabilmente si presentano di continuo, anche mentre si concede una pausa per mangiare come tutti i cristiani ed infatti molti ne approfittano per tendergli l’agguato a tavola, ma lui ha sempre la soluzione per tutto accompagnata da un sorriso senza mai arrabbiarsi. Naturalmente essendo venuti in contatto con simili elementi non potevamo che restarne contagiati e quindi dopo avere svolto i nostri turni di guardia e di servizio eravamo sempre a disposizione per sistemare il magazzino viveri e vestiario, sistemare la tenda cappella, smontare e rendere funzionanti gli aeratori di riscaldamento e quant’altro ci veniva richiesto e la stanchezza nemmeno si sentiva tanta era la soddisfazione di far parte di una squadra così coesa e che sapeva trasmettere parte della grinta che loro mettevano in quello che facevano. I quattro moschettieri milanesi sono stati gli ultimi a partire, fermandosi sul posto fino al termine dei lavori perché avevamo promesso a Benito che prima di andarcene la tenda cappella doveva essere finita e così è stato grazie anche all’aiuto di Alessio che dalla foga è riuscito a sfasciare il manico del martello, tra poco sarà medico e se metterà lo stesso impegno nella sua futura occupazione (e non c’è motivo per credere il contrario) anche la salute dei suoi concittadini sarà in buone mani. Il momento più bello, anche se il più triste e commovente, è stato l’ultimo pranzo prima della partenza quando Benito e i ragazzi hanno voluto mangiare con noi che, inutile negarlo, avevamo un gran magone, quando poi sono iniziati i saluti con gli ospiti, con la vecchina che ci ha dato una scatola di cioccolatini per il viaggio, beh qualche lacrima c’è scappata. In quel momento mi sono venute in mente le infelici frasi dette nel corso degli anni da Ministri succedutisi in vari dicasteri: Padoa Schioppa parlava dell’opportunità di mandare fuori casa i ragazzi bamboccioni, la Fornero li definiva “Choosy” (schizzinosi) fino all’ultima uscita dell’attuale ministro Poletti che dice che è meglio “toglierseli dai piedi”, beh signori ministri questi ragazzi sono stati mandati fuori casa da una bestia che non si è ancora fermata ma non hanno intenzione di arrendersi, sicuramente non sono come i giovani che i politici frequentano abitualmente, e tanti di loro (i politici) dovrebbero andare a conoscere “bamboccioni” come questi che, rimboccandosi le maniche e mettendosi in gioco ogni giorno, hanno tutto da insegnare ai tanti soloni che si riempiono la bocca di belle parole ma che all’atto pratico non sanno che pesci pigliare. Un fatto indubbiamente positivo per questi bocia, pur in questa tragica situazione è stato quello di cementare, probabilmente per sempre, la loro già bella amicizia ed imparare una lezione di quelle che difficilmente ti insegnano a scuola o nei vari corsi di preparazione per la gestione delle emergenze. Si parla di fuga all’estero di cervelli e forse fanno pure bene, ma fintantoché avremo ragazze e ragazzi così che decidono di continuare a voler bene alla loro terra, sono più ottimista riguardo il futuro della nostra bella Italia.

 

Franco Maggioni







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