Associazione Nazionale Alpini -
Gruppo di San Vittore Olona- Via Alfieri - 20028 San Vittore Olona (MI)
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Giovedì 10 ottobre nella sede del nucleo di Protezione Civile sezionale abbiamo avuto il piacere di ospitare una settantina di allievi della Scuola Militare TEULIE’ di Milano accompagnati dai loro istruttori, docenti e dal Comandante della Scuola Col. Antonio Calligaris che hanno passato una intera mattinata con lo scopo di toccare con mano quale è la realtà della P.C. ed in particolare quella alpina. Fondata a Milano nel 1802 sotto Napoleone Bonaparte, la Scuola Militare “Teulié”, nei suoi due secoli di storia, ha perseguito l’ambizioso progetto pedagogico di dare ai propri allievi una formazione globale, in cui i valori morali sono la base su cui si incardinano la preparazione culturale, fisica e caratteriale. Dalle sue aule sono usciti non solo comandanti valorosi, ma soprattutto uomini di cultura, politici, capitani d’industria, professionisti e diplomatici, alcuni dei quali sono entrati nella storia, accomunati da una visione della vita incentrata sul dovere e sull’onore. Quel dovere che in ogni occasione di emergenza dove sia richiesto l’intervento di personale qualificato ed autorizzato ad operare vede gli alpini in prima linea nel prestare soccorso a chi ne ha bisogno sempre comunque con lo spirito incentrato sull’impronta di tipo “militare” che nel rispetto delle gerarchie insegna innanzitutto ad anteporre il dovere ai diritti e ponendo il “noi” dinanzi all’io, cosa questa che ci accomuna a queste ragazze e ragazzi che hanno scelto di dedicare una parte importante della propria vita (fra i 15 e i 18 anni) vivendo un’esperienza certamente appagante ma che richiede serietà e sacrifici non indifferenti. Dopo i saluti di rito gli allievi sono stati divisi in tre gruppi che a turno hanno seguito l’introduzione sulla storia delle Truppe Alpine, un mini-seminario sulla Protezione Civile e recandosi infine nell’area della Colonna Mobile Regionale dove hanno potuto visionare i mezzi e le attrezzature utilizzate nelle emergenze accompagnati dal coordinatore Avietti che ne ha illustrato le caratteristiche in tempo reale in quanto il giovedì è normalmente il giorno dedicato alla manutenzione e riordino dei materiali, in questo caso quelli appena rientrati dall’emergenza in Emilia Romagna. Al termine riuniti ed inquadrati nei nostri locali il Col. Calligaris ha avuto parole di elogio per l’opera svolta dall’A.N.A. e ha rimarcato le molte affinità che uniscono la nostra Associazione all’Esercito di cui la Scuola è parte integrante e dell’importanza della scelta fatta da queste giovani leve che ci fanno ben sperare nel futuro, prima di ordinare il rompete le righe per un gradito spuntino.
Il nostro Gruppo a fatica e fra alti e bassi funziona ancora bene e questo grazie al contributo di una parte degli associati, del Capogruppo e .... del "gruppetto". Sono meno delle dita di due mani ma quando si tratta di dare una mano sono sempre disponibili. Se la preparazione e la cucina del disnarello sono importanti per renderlo un momento di coesione e di "alimentazione" in tutti i sensi del Gruppo, se è garantita la manutenzione degli edifici della sede, se l'apertura della sede è assicurata sistematicamente due volte la settimana (uno dei pochi Gruppi), se la predisposizione e la diffusione di questo notiziario avviene ininterrottamente da tanti anni (unico fra tutti i Gruppi della Sezione e forse unico a livello ANA), se serate ed eventi sono un successo, se.... Tutto questo è dovuto sicuramente al contributo di una parte degli associati e in particolare del Capo, ma se non ci fosse quel "gruppetto"?. Si parla tanto di spirito alpino, di altruismo, di senso del dovere, di attaccamento ai valori tramandati da chi ci ha preceduto ma la materializzazione di tutto questo io credo lo si possa ritrovare in quel "gruppetto". Non si tratta di beatificare nessuno e credo che loro stessi non siano affatto inclini a farsi incensare. E' però un dato di fatto che se mancasse la spinta propulsiva, l'abnegazione el'esempio del "gruppetto", molte cose rimarrebbero non fatte, lentamente si vedrebbe un naturale declino delle attività, e poi a spirale ... Non c'è da aggiungere altro anche perché gli interessati non saranno d'accordo sul pubblicare queste poche righe. Però credo sia importante sottolineare quello che fanno e ringraziarli per la dedizione e lo spirito alpino con cui le svolgono.
Se c'è qualcosa che rappresenta al meglio il mio essere Alpino, qualcosa che sintetizza ed esprime compiutamente i valori propri di questo Corpo, questo è il mio Cappello Alpino. Il cappello alpino è un copricapo quando viene consegnato, un fedele compagno durante tutto il periodo militare, un simbolo dopo il congedo. Il mio è un cappello semplice: niente penne lunghe, niente spille o stemmi particolari. E'così come mi è stato dato e come l'ho portato durante tutto il periodo militare. Potrebbe essere indossato domani mattina per una qualsiasi attività operativa. Alla "pulizia" del cappello tengo molto. Il cappello alpino non è solo un copricapo di foggia strana . Non me ne vogliano gli appartenenti ad altri corpi militari, manel cappello alpino sono concentrati più che in altri copricapi militari valori, amicizia, fatiche, sofferenze, soddisfazioni e l'orgoglio con cui lo si porta non è civetteria ma rispetto per tali valori e ricordi. Il cappello alpino non è solo un riconoscimento da usare nei raduni ma è un oggetto che crea simpatia, un prezioso lasciapassare che apre tutte le porte. L'avrete notato tutti, quando si incontra qualcuno si sente sovente l'augurio "evviva gli Alpini". Sono geloso del mio cappello alpino. Preferisco manipolarlo solo io con la scusa che altri non conoscono le precauzioniper la sua giusta conservazione. Possono toccare tutto di me, ma non il cappello! E mi capita di indossarlo oltre che nelle manifestazioni ufficiali a volte anche in casa. Mi rilassa e mi sento meglio. Il mio poi è originale, o quasi.A dire il vero qualcosa di non originale c'è: la penna! Orrore! Ebbene si, la penna originale un po' bufferata dai campi estivi e invernali, quella che coccolavo come un figlio l'ho persa. Fatale è stata la distrazione di accettare un passaggio sotto un ombrello, ovviamente di nascosto dagli occhi di altri alpini, durante un temporale. Il mio cappello alpino porta bene i suoi cinquantacinque anni. Ha avuto bisogno solo recentemente di un breve ricovero per un intervento di restauro presso un cappellaio specializzato che ha sentenziato: tanto di cappello! Spero rimanga con me a lungo, più a lungo possibile e se proprio dovrò lasciarlo che mi accompagni nell'ultimo viaggio.
Il giorno 10 agosto, organizzato come sempre dagli alpini del Gruppo di Lanzada si è tenuta la commemorazione in ricordo degli alpini caduti un secolo fa. La cerimonia ricorda la tragedia dello Scerscen avvenuta tra l’1 e il 2 aprile 1917. In quel periodo erano numerosi gli alpini che erano di stanza nei rifugi sul gruppo del Bernina soprattutto al Marinelli. La loro presenza aveva uno scopo duplice. Da un lato serviva per addestrare le truppe che dovevano combattere sui rilievi alpini. Dall’altro era fondamentale anche il controllo proprio di quelle cime sempre innevate, considerate dal comando generale italiano un punto strategico nell’ambito della guerra che si combatteva ad alta quota. Una prima valanga - l’1 aprile - travolse i 28 alpini di stanza al Rifugio Musella. Per 8 di loro non ci fu scampo. Il giorno seguente, mentre stavano intervenendo per prestare soccorso, altri militari furono colpiti da una seconda valanga nel Vallone dello Scerscen E in quel caso le vittime furono 24. Come ogni anno alternativamente al Rifugio Marinelli e nel vallone nel punto denominato “Cimitero degli Alpini” a quota 2.370 viene reso onore alla memoria di questi giovani che hanno perso la loro vita fra quelle splendide ma severe montagne. Quella di quest’anno si è svolta nel vallone complice una giornata bellissima con cielo terso e sole che illuminava le cime innevate che circondano il cippo che riporta i nomi dei Caduti, nomi che sono stati letti, uno ad uno, all’inizio della cerimonia prima della S. Messa officiata da Don Simone alla presenza di numerosi gagliardetti e dai Vessilli delle Sezioni della Valtellina, di Alessandria, di Lecco e della Sezione Abruzzi accompagnato dal Consigliere nazionale Antonio Di Carlo che ha ricordato che ben 5 degli alpini caduti provenivano da quella lontana Regione. La nostra Sezione era presente con il gagliardetto del nostro Gruppo e da quello di Bollate da dove proveniva uno dei giovani, ma per tutti il ricordo e la riconoscenza per il loro sacrificio è stata la motivazione che ci ha spinto ancora a salire lassù onorando la frase scolpita nella Colonna mozza sull’Ortigara: “Per non dimenticare”
Sabato 7 settembre siamo saliti in vetta al monte Due Mani, una montagna appartenente alle Prealpi bergamasche posto a 1.666 mt. dalla cui sommità si gode una spettacolare vista sulla Valsassina, la Val Taleggio, il Resegone e il lago di Lecco che si protende verso la Valtellina e che in giornate limpide consente di spaziare sino alla pianura lombarda. Ma questa nostra escursione non aveva in fine paesaggistico bensì quello di onorare la memoria di un socio e grande amico quale era Francesco Figel, capogruppo degli alpini di Arconate, Consigliere sezionale, Direttore Didattico scolastico, socio della S.I.A. dall’inizio e grande amante della montagna, quella montagna sulla quale il giorno 10 febbraio 2002 ha purtroppo perso la vita proprio durante un’uscita addestrativa della Squadra. Successivamente è stata posta ai piedi della grande Croce di vetta una targa in ricordo di Francesco e la “visita” a questa targa, così come a quella in ricordo di Giorgio Mazzucchi, viene inserita ogni anno nel calendario delle uscite perché non vada persa la memoria dei nostri amici “andati Avanti”. Quindi anche quest’anno risalendo la tortuosa strada che conduce alla forcella di Olino sovrastante l’abitato di Morterone (il più piccolo Comune italiano) e lasciata l’auto, abbiamo iniziato la salita che, fra nuvole basse e branchi di camosci, ci ha condotto in vetta dove è situato anche un bivacco metallico negli ultimi tempi vittima purtroppo dell’ignoranza e maleducazione (per non dire idiozia) di certi vandali che si definiscono “alpinisti anarchici” che con l’ alpinismo non hanno nulla a che fare, ma che dimostrano unicamente di non amare la montagna danneggiando ed imbrattando la struttura con l’unico risultato di paventare addirittura lo smantellamento definitivo di una struttura creata per dare aiuto e riparo agli alpinisti in difficoltà.
Scrivere un articolo o meglio quattro righe per il nostro notiziario non è cosi semplice come può sembrarespecialmente se non hai sottomano qualche argomentodi cronaca spicciola, domenicale o meno, quale può essere una partecipazione alla festa di qualche sezione alpina, ad una serata in sede o in casa di altri gruppi con l’opportunità di ascoltare i nostri cori, le nostre canzoni, o qualche conferenza.Tutto ciò, alla fine, significa rimanere, anzi vivere, la nostraassociazione dovenon manca certamente la materia prima. Quando invece ti ritrovi obbligatoin casa, pur tenendosi informato, allora il problema bussa alla porta e quindi per un articolo ti aggrappi a ricordi, o fantasie opiuttosto a elucubrazioni mentali, le più svariate, rischiando di annoiare quantileggono il nostroPenna Nera. Arrivati a ‘sto punto, voglio, anzi più esattamente, tento diaffrontareil rischio sperando nella buona sorte e nella “clemenza della corte”, tranquilli niente ditrascendentale. Avevo bisogno d’assistenza tecnicaper un dispositivo che faceva le bizze per cui interpellai la ditta che subito mi mise in contatocon il tecnico reperibile. Quattro domande/risposte per inquadrare il problema e risposta finale: “ il tempo di arrivare”. Cosi fu. Dopo circa un’ora e mezzasquillò il campanello di casa, abitando io nel legnanese seppi in seguito che il nostro amico arrivava dalla zona di Dalmine perciò più sollecito di cosi; magari mi avrà mandato al diavolo (posso capire memore delle mie esperienze sanitarie riguardo il problema delle reperibilità specialmente notturne) ma se l’aveva fatto non si fece capire quindi tutto nella normalità ecortesia. Risolto il problema rapidamente,com’ è usanza, almeno credo, si offre il classico caffè o bibita a titolo di ringraziamento, insomma cose di questo tipo. Con il caldo infernale di quel giorno il nostro tecnico accettò di buon grado la classica bottiglietta da frigorifero e sembrava che la cosa finisse qui. Fu allora che aumentai la postaesaltandoun liquore che lui doveva assaggiare, subito si mostròrestio, no, grazie , basta cosi. Alla fine capitolò con una frase,ma sì dai, solo un goccio,sono un’ ALPINO! A mia moglie, in quell’attimo in cucina ma che aveva sentito tutto venne spontaneo, hai sentito Pio. In realtà pensò “ah, mò ghe sem" e, con un pizzico di ironia, mentalmente si fecero le classiche domande: dov’eri, che caserma, ecc..ecc. C’eranoi muli e via di questo passo, sempre la stessa storia. Comunque, per rinforzare il miracolo dell’alpinità e come di dovere, risposi al tecnico “anch’io”.Volevo far notare ai benevoli lettori, nel caso ce ne fosse qualcuno, che nella mia sala non c’ènulla di alpino tipo il cappello, guidoncino, posterecc..ecc..cheavesse potuto stuzzicare il nostro ”amico“ e quindi la sua affermazione fu più che spontanea. L’atmosfera del momento cambiò totalmente e subito a cascata, ma tu dove l’hai fatto la naja, il reparto, adunate,ecccondomandee risposte scontate daambo le parti come succede fra alpini anche se non si conoscono e si trovanoin coincidenze non certo programmate. Il tempo passò velocemente,per finire al nostro “amico” prima di congedarsi con un malizioso sorriso d’intesa, gli venne spontaneo "ma sì un ultimo goccetto ma proprio poco, devo guidare" Ciao ALPINO.
L’8 luglio 1919 nasceva a Milano l’Associazione Nazionale Alpini con lo scopo di società di mutuo soccorso fra reduci della prima guerra mondiale che avevano servito la Patria col cappello alpino e che originariamente accoglieva i graduati che avevano militato nelle truppe di fanteria alpina. Col passare del tempo l’Associazione si è adeguata accogliendo tutti i militari alpini di ogni grado e di altre specialità come l’artiglieria (alpina) senza mai perdere la missione originaria dettata dalla solidarietà, ora rivolta a tutta la popolazione e a tutte le genti bisognose di aiuto come dimostra il costante impegno della nostra Protezione Civile sempre in prima linea nelle emergenze, diventando nel corso dell’ultimo secolo l’associazione d’arma più numerosa al mondo. Per ricordare la nascita del sodalizio e festeggiare questo nostro 105° compleanno domenica 7 luglio una delegazione di alpini di diversi Gruppi della Sezione si sono dati appuntamento in Galleria Vittorio Emanuele a Milano sotto la targa ricordo dell’evento nel posto dove fisicamente abbiamo avuto i nostri natali. Anche il nostro Gruppo era presente con una rappresentanza e ha partecipato alla breve ma sentita cerimonia fra l’ammirazione dei numerosi turisti presenti in galleria e successivamente abbiamo raggiunto gli amici del Gruppo di Castano Primo per partecipare alla festa che viene da loro organizzata ogni anno, un buon modo per concludere una bella giornata.
Il periodo agostano è quello nel quale nelle località di vacanze montane si susseguono le feste dei Gruppi Alpini. Sono manifestazioni molto sentite cui partecipa gran parte della popolazione, vicina tradizionalmente agli Alpini del paese. E' stato così anche quest'anno in Valsassina, zona d'importante presenza alpina: in valle si contano sedici gruppi alpini, a volte due per comune, uno del capoluogo e uno della frazione che si fanno agguerrita concorrenza per organizzare la festa migliore! A queste manifestazioni si aggiungono occasioni di incontro e rievocazione storica che annualmente si tengono nelle diverse località. Quest'anno anche il nostro Gruppo è stato presente ad alcuni di questi incontri con il nostro gagliardetto, presenza molto gradita a suggello di un gemellaggio fra Gruppi Alpini di "monte " e di "valle". Oltre alle feste alpine siamo stati presenti all'annuale Messa in ricordo del Capitano Merlini, originario di queste parti e a lungo presidente ANA. A lui sono dedicati il rifugio Cazzaniga-Merlini ai piani di Artavaggio e il meno conosciuto bivacco Merlini a 2100 metri sulla cresta che porta in vetta al Grignone. Purtroppo questo rifugio, posto in una posizione strategica all'incrocio di impegnativi percorsi verso la famosa cima e curato dagli alpini di Pasturo, è da anni abbandonato e peggio ancora sprangato impedendo un sia pur minimo riparo in condizioni di maltempo. Questo è l'esito di una controversia innescata dalla proprietà che andrebbe a mio parere superata con l'intervento di autorità pubbliche in considerazione dell'importanza e strategicità del manufatto.
E anche quest’anno i componenti della S.I.A. hanno mantenuto la tradizione di portare un omaggio floreale e un ricordo alla targa che commemora Giorgio Mazzucchi figlio di Franco, fondatore della squadra, da lui fortemente voluta nel lontano 1985 per onorare la memoria del suo bocia morto cadendo in un canalone il 23 aprile del 1982 a soli 26 anni mentre effettuava una scalata in Grigna. Franco Mazzucchi, scomparso nel novembre del 2008, ha sempre avuto a cuore la sicurezza in montagna e gli oramai pochi di noi della vecchia guardia lo ricordano sempre per primo sul posto dell’esercitazione mensile ad attendere i partecipanti armato di cartina, bussola e programma dettagliato della giornata e guai ad arrivare tardi!Era comunque un uomo di gran cuore e sempre disponibile ed è per rispettare la promessa fattagli quando oramai non poteva più fisicamente essere con noi di non dimenticarci di questo appuntamento che domenica 25 agosto siamo saliti al Rifugio Rosalba in Grigna da dove, dopo una piccola sosta, abbiamo proseguito alla forcella punto di arrivo del “Sentiero Giorgio” (anche questo voluto da papà Franco) e da lì raggiungere il canalino dove è posta la targa ricordo e dove abbiamo posto un mazzetto di fiori di campo ed è stata recitata la Preghiera dell’Alpino prima di fare ritorno al rifugio per rifocillarci. All’uscita erano presenti le nuove leve della squadra che, ne siamo sicuri, continueranno a perpetrare questa tradizione con lo stesso spirito che da 40 anni ci porta lassù.
Cominciavano così le famose storie /novelle che ci raccontavano specialmente i nonni, che ci incantavanomentre eravamo seduti su balle di paglia nel tepore della stalla con il ghiaccio sui vetri. “Punzecchiato” da Enrico valente collaboratorecon moltepliciarticolidi svariato interesse sul nostro Penna Nera, pur essendo un po’ restio alla fine mi sono arreso. Ecco allora il mio “c’era una volta”.Come si puòfacilmenteintuire, il periodo del servizio militare non è fatto solo di marce, gavettoni, campi minati, ponti Bailey, tiri al poligono ecc., .ma pure di normalità, umanità e di situazioni a volte impensabili; vengo al punto: Bressanone ,“ Vodice”, piccola casermasede della compagnia genio pionieri Tridentina con un totaledi 120/150 militari.La più parte proveniva dal ceto medio: muratori, contadini, falegnami, minatori ecc … cultura un po’ zoppicante( ricordiamo che si parla di50 anni fa) però alcuni durante il servizio militare, sacrificando le libere uscite, riuscirono a “conquistare” la licenza elementare ( BRAVI !). Arrivaiuna sera di dicembre con un’eterna tradotta dopo il CAR a Mondovì: il mio incarico era aiutante di sanità, in sostanza infermiere. In caserma ero l’unico con questa mansione, non c’era degenza ma soltanto una piccola stanza chiamata infermeria, all’occorrenza si chiamava il tenente medico per i “ marca visita”,per il resto l’attività sanitaria, pastiglie, iniezioni, pomate, ecc.. era in mano al sottoscritto ligio alle direttive indicate dal medico sul registro. In realtà questo impegno mi lasciava del tempo libero per cui il sergente (firma) responsabile dell’ufficio maggiorità pensò bene di affidarmi qualchelavoro d’ufficio più la gestione della posta: ogni giorno con il mio borsone passavo al Comando Brigata per ritirare la Corrispondenza della Compagnia e quella dei militari,ovvia conseguenza venivo a conoscere oltre al nome del diretto interessatoanche quello dei mittenti, o megliodelle mittenti. Ho ancora presente la visione di quando, verso mezzogiorno, rientrando in casermapassavo davanti alla compagnia schierata per il rancio. Dai volti dei militari per un attimo scompariva la fame ma dalle loro facce traspariva la domanda:c’è posta per me? La mia attività di portalettere ma specialmente quella “sanitaria”, parola grossa, miobbligava all’estrema fiducia sulla quale facevano conto i miei commilitoni, fiducia che non ho mai tradito neppure per scherzo o con una banale battuta o allusione. Nello scorrere del tempo avvenne più di qualche volta la capatina di qualcuno mentre mi trovavo da solo nell’infermeria, un discreto bussare ed una piccola richiesta d’aiuto di natura epistolare e fin a questo punto tutto tranquillo, finché un giorno arrivò “ Lui”,chiamiamolo cosi, a rendere la situazione alquanto difficile da parte mia e certamente imbarazzante da parte sua.Entrò, controllò se ero solo, ricontrollò la porta e girando e rigirando fra le mani la famosa “norvegese”, dopo un’ulteriore esitazione prese la sedia. Ci siamo, pensai fra me stesso,problemi urologici, scabbia o piattole, rossori vari di sospetta natura. Dato che ci siconosceva cercai con tranquillità di aiutarlo e metterlo a suo agio e cosi capire con qualche domanda il suo problema, come si usafraamici,alla fine scoppiò la fatidica bomba e, con una po’ di pudore e a monosillabi, venne al punto. Il nostro “rude” alpino durante l’ultima licenza si era trasformato in un ardente fidanzato scatenando quanto represso in caserma. Qui, lasciatemelo dire,ci vorrebbe ildialetto per rendere più reale e più vivoil momento che ambedue stavamo vivendo, il dialetto veneto quello più ruspante, non quello dicittà,fame un piaser, ti che te ga studià, che te si quasi un dotor (na parola) spiegamequalcossa dee done,dee so robe, parchè la me morosa, la me morosa, la me morosa,e lì si inchiodò! Porca miseria questo mi sviene. Mi sono attaccato alla sedia invocando tutti i santi del calendario, supplicando un aiuto veloce anzi velocissimo per arrivare a sbrogliare questo casino. Fortuna volle che ne trovassi uno libero che mi diede una mano. Probabilmente quelle quattro parole che riuscii a mettere insieme lo (Lui) tranquillizzarono almeno per il momento tanto da allontanarsi quasi scusandosi. Ovviamente i giorni a seguire,quando ci si incrociava, si trasformarono in un muto dialogo: ansiose domande e risposte visivefatte da monosillabi,dai, spetta, sta tranquillo, succede. La natura l’è fatta alla so’ maniera, te vedarè.Una sera, era molto tardi, ero già in branda: sentii che qualcuno mi toccava una spalla con una certa impazienza. Subito scattò in me l’infermiere:mal di pancia, mal di denti, una colica,niente di tutto ciò: era Lui che si era curvato su di me e quasi urlando sottovoce ( è difficile ma lui ce l’ha fatta) mi annunciò: varda che ghe se rivà e so robe. N’apoteosi. Riuscii a calmarlo e, con le buone, a cacciarlo in branda dove abbracciato il dio del sonno diede inizio ad un “notturno musicale” da giudizio universale. Al mattino mentre di corsa scendevo le scale per l’alzabandiera mi sentii sulla spalla una manata anzi no una badilata,mi voltai di scatto,era Lui. Ci accomunò uno sguardo significativo accompagnato da unrespiro di sollievo: gli altri non sapevano il perché ma noi dueSI’!
Sabato 22 giugno eravamo veramente in tanti ad accompagnare nel suo ultimo viaggio il decano del nostro Gruppo Ampelio Frigo spentosi dopo una breve ma dolorosa malattia. Classe 1933 era nato in quel di Mossano, aveva militato nel 6° Rgt. Alpini ed appena trasferitosi a Canegrate si era iscritto al nostro Gruppo che allora si chiamava VALLE OLONA in compagnia di tanti suoi compaesani che come lui avevano lasciato il Veneto per approdare in una regione che offriva più opportunità lavorative e lì si era sposato con la sua Giovanna e formato una famiglia con Gabriella, e gli adorati nipoti Davide e Andrea. Come ho avuto modo di ricordare al termine della funzione religiosa, il ricordo che ho di Ampelio è quello di una persona sempre pacata, tranquilla, mai sopra le righe e che cercava sempre di sdrammatizzare anche le situazioni a volte complicate che si venivano a creare nel Gruppo e che quasi mezzo secolo fa per noi Bocia ha significato l’anello di congiunzione fra i Veci del Gruppo, reduci della guerra e i nuovi arrivati neo congedati. E’ sempre stato presente alle nostre iniziative e manifestazioni, dalla Cappelletta alla costruzione della Sede e ai momenti conviviali come l’ultima volta in sede a marzo quando abbiamo ricordato i nostri Soci “andati avanti” e anche quando ultimamente non poteva più guidare si faceva accompagnare dai nipoti per godere dei momenti insieme. Ci mancherai Ampelio, mancherai a noi e a chi non ha avuto la fortuna di conoscerti e ci piace pensarti nel Paradiso di Cantore con i vari Brunello, Bertacco, Della Foglia, Deu e tutti quelli che hanno fondato e portato avanti il nostro Gruppo e con loro, come cantiamo nella nostra più bella canzone, che il Signore ti conceda di andare per le Sue montagne.
Nei mesi di aprile, maggio e giugno alcuni volontari del Nucleo di Protezione Civile della nostra Sezione facenti parte del gruppo TLC (Telecomunicazione Radio) coordinati dal socio Salvatore Li Fonti hanno partecipato ad una serie di incontri presso il polo industriale della Azienda SYENSQO SOLVAY S.p.A. una azienda con 13.000 addetti nel mondo dei quali 1.150 sono presenti in Italia: il 26% è dedicato alla ricerca e nel sito di Bollate c’è uno dei centri strategici a livello globale dove si studiano materiali per la progettazione dell’industria dell’auto, delle batterie, dell’elettronica, dell’aerospazii e dell’oil & gas. E cosa c’entrano gli alpini con la SOLVAY vi chiederete?Ebbene, l’azienda ci ha chiesto di organizzare degli incontri dedicati al personale preposto alla sicurezza e alle emergenze, preparazione questa che in una azienda di questo tipo riveste una importanza fondamentale ai fini della prevenzione e tutela non solo dei dipendenti, ma anche di tutte le abitazioni, insediamenti ed intera cittadinanza che gravita nell’area produttiva, per spiegare a questi dipendenti il corretto utilizzo delle apparecchiature radio che in caso di emergenza assumono un ruolo determinante nella comunicazione fra i vari addetti e le squadre di intervento. Sono state effettuate sei sessioni di incontro e il risultato è stato veramente soddisfacente per tutti, sia per chi ha saputo spiegare con semplicità il corretto utilizzo a un pubblico veramente interessato che ha dimostrato di apprezzare l’iniziativa tanto da avanzare la possibilità di partecipare insieme ai dipendenti alla esercitazione interna che si terrà asettembre con lo scopo di testare le apparecchiature e la preparazione degli addetti. Penso che anche queste iniziative volte a prevenire eventuali emergenze e a preparare le persone ad affrontare situazioni di rischio facciano parte integrante della Protezione Civile ed il fatto che l’azienda per ringraziarci abbia deciso di acquistare e regalare al Gruppo TLC un certo numero di radio che potremo utilizzare nelle nostre emergenze sia un valore aggiunto e un gradito riconoscimento per quanto si fa durante tutto l’anno e non solo in occasione di calamità.
E chi non le ha fatte durante il servizio militare? Per i non addetti, per fuga si intende un allontanamento più o meno volontario dalla propria caserma per la morosa per la mamma per .. cambiare aria. Ed era una avventura in tutti i sensi. Veniva programmata nei dettagli o a volte era spontanea, improvvisata e secondo me erano le più emozionanti e belle da ricordare. Così mi sono ritrovato numerose volte a percorrere il tragitto Aosta, Nerviano, Aosta, più di trecento chilometri, dal pomeriggio alla sera dello stesso giorno. Avevo già la morosa e questo era indubbiamente uno sprone a tentare l’avventura ma era bello anche solo uscire dagli schemi, sfidare la sorte. Si perché la cosa non era autorizzata, era fatta rigidamente fuori dalle regole, altrimenti diventava una licenza normale. La fuga per essere tale doveva essere fatta rigorosamente in autostop. Ad eccezione infatti dei figli di papà che potevano permettersi un automezzo personale a disposizione, l’unica possibilità di rientrare in caserma nei tempi prestabiliti era di affidarsi alla disponibilità di automobilisti che percorrevano, magari a tratti, il tragitto prestabilito. Devo dire che la divisa militare (allora non era possibile uscire in borghese salvo correre ulteriori rischi) aiutava molto, ma soprattutto il cappello alpino erano dei segnali inequivocabili di richiesta di passaggio per cui non serviva neppure il classico dito alzato. Gli automobilisti si fermavano spontaneamente e a volte si disputavano il passeggero pur di scambiare quattro chiacchiere o semplicemente per fare un favore a un Alpino. E’ stata così anche quella volta che ho visto una berlina blu rallentare con la chiara intenzione, secondo me, di offrirmi un passaggio. Mi preparavo già ad un comodo viaggio verso Milano quando all’ultimo momento mi sono accorto che era l’automezzo di servizio della Scuola Militare Alpina dove prestavo servizio militare. Più precisamente era quello, con autista, utilizzato dal Generale Comandante la Scuola che tutti temevano per la risolutezza dei comportamenti e la severità delle decisioni. E quando si dice che la sfortuna non si presenta mai sola, a bordo c’era il famoso Generale che era tutt’altro che intenzionato a darmi un passaggio. Fuga era e fuga è stata. Il Generale sceso dall’automezzo in alta uniforme con medaglie e mostrine di tutti i colori e con tanto di sciabola, mi ha ordinato di fermarmi e di arrendermi. Io avevo già scavalcato il guard rail e me l’ero data a gambe non avendo nessuna intenzione di obbedire all’ordine. Non capita tutti i giorni di essere inseguito da un generale in alta uniforme e con la sciabola, per fortuna non ancora sguainata! Ma proprio l’”armamentario”mi ha aiutato: correre con una sciabola e con tutto l’ambaradan addosso ha sconsigliato l’alto ufficiale a proseguire nei suoi intenti: e poi dicono che le armi non servono! Considerando statisticamente poco probabile un incontro con un altro personaggio cosi ruvido ho proseguito il mio viaggio, pardon, la mia fuga. Alla sera era previsto il rientro e quindi dopo baci e abbracci eccomi al casello autostradale, in ritardo sulla mia “tabella di marcia” ma fiducioso in un passaggio veloce che me lo avrebbe fatto recuperare. Ma quando le giornate nascono storte! Non solo passavano in pochi ma quei pochi erano diretti da tutt’altra parte. Solo la carovana di un circo in trasferimento si è prestata alla bisogna. Non solo, ma l’unico posto disponibile era un sedile accanto alla gabbia dei leoni! Potevo sempre dire di aver passato una giornata “da leoni”ma purtroppo l’andatura lenta mi ha consentito di arrivare in caserma solo all’alba. La stanchezza mi ha impedito di saltare la recinzione come è buona norma in una fuga seria, così ho preferito consegnarmi all’Ufficiale di Picchetto con le mani alzate. “Ah, sei tu? Il Generale ha ordinato un rastrellamento, pardon, contrappelli multipli (verifica delle presenze) per scovare chi era quel sergente in fuga sull’autostrada”. Quando si dice che le giornate sfortunate sono sempre più di una! Tralascio tutto quello che è avvenuto dopo, perché facilmente intuibile. Per fortuna la fuga, di notizie in questo caso, aveva raggiunto il Cappellano militare con il quale stavo organizzando un coro alpino per l’accompagnamento delle funzioni religiose per cui la punizione è stata ridimensionata: come si dice, un obiettivo così importante …... val bene una Messa!
Quella di Vicenza 2024 sarà ricordata come un’Adunata Nazionale da record con numeri che mai si erano visti partecipare a quella che è la più importante manifestazione associativa a titolo gratuito e a spese dei partecipanti e che, grazie alle condizioni meteorologiche favorevoli che ci hanno fatto dimenticare i tre giorni di diluvio di Udine, hanno spronato anche i più restii ad essere presenti. I crudi numeri possono comunque dare l’idea: nelle tre giornate di festa ben 500.000 persone sono state presenti sul territorio, ben 100.000 hanno partecipato attivamente alla sfilata durata ben 13 ore e terminata dopo le 22, i visitatori alla Cittadella degli Alpini sono stati 278.000, mentre le esibizioni di cori e fanfare sono state 130, nei parcheggi dedicati ai pullman sono stati accolti 364 mezzi e migliaia di alpini hanno trovato alloggio nelle 1.123 piazzole allestite dall’organizzazione, mentre 1.700 donne e uomini volontari sono stati coinvolti nell’assistenza ed organizzazione. Anche per la nostra Sezione i numeri sono stati imponenti: fra Soci, Amici, Cori, Fanfare, Consiglieri, Sindaci che hanno voluto dimostrarci la loro vicinanza sfilando con noi, volontari della P.C. e del SOS, ben 700 persone hanno rappresentato Milano in questa kermesse che ha prodotto oltre 100 milioni di euro come indotto sul territorio, impatto superiore a ogni finale di Champions League con un beneficio a tutte le attività commerciali e ricettive dell’intera provincia. Ma a monte di tutti questi, seppur impressionanti numeri, come sempre l’Adunata è stata l’occasione per incontrare nuovi e vecchi amici che magari non si vedevano da anni e che provocavano una intensa emozione nel vedere gli occhi luccicanti nel ritrovarsi con i capelli più radi e certamente imbiancati, ma con lo stesso spirito cameratesco che ha accompagnato l’esperienza della naia, quella naia che a dispetto di chi l’ha considerata una perdita di tempo “rubato” dallo Stato, ha costituito una scuola di vita per tutti noi insegnandoci il senso dell’obbedienza, il rispetto delle regole e il fatto che prima dei diritti ci sono i DOVERI, oltre naturalmente a costruire amicizie e rapporti che sfidano i decenni. La cronaca di queste indimenticabili giornate ognuno di noi la può trovare sugli organi di stampa, comprese le polemiche pretestuose e strumentalizzate, naturalmente espresse in ANTICIPO, riguardo l’invasione della città da parte dei barbari, che come sempre hanno lavorato tutta la notte di domenica per lasciare il lunedì mattina una città molto più pulita ed ordinata di come era stata trovata a dispetto di altre manifestazioni tollerate che lasciano strascichi di devastazione e incidenti, ma anche questo ci sta, non è di questa marmaglia che ci dobbiamo interessare, quanto delle migliaia di vicentini che per ore ci hanno visto sfilare ringraziandoci per quanto abbiamo fatto e continueremo a fare per la nostra bella Italia con il nostro esempio ed impegno. In ultimo vorrei ringraziare l’amico Oddone per l’ospitalità dimostrata nell’accoglierci in casa sua e gli amici del Gruppo di Ceriano Laghetto per le serate e relative cene passate in compagnia e che dire ancora se non arrivederci a Biella 2025.
No, non ho sbagliato data: intendevo proprio il 26 quando finalmente sono finite le polemiche, i cortei, le manifestazioni di una ricorrenza che dovrebbe unire TUTTI gli italiani nel ricordo di una data che ha segnato una svolta epocale nella storia della nostra Nazione così come succede in tutti i paesi civili e democratici e che dovrebbe provocare in queste occasioni un sentimento di fratellanza ed unità, indipendentemente dal credo politico, riconoscendosi sotto l’unico simbolo dell’unità di un Popolo: la Bandiera Nazionale. Non voglio entrare nel merito di quanto successo nelle piazze di alcune importanti città italiane, ma onestamente pensavo che nella nostra piccola realtà di paese fossimo al riparo da ogni strumentalizzazione, tanto da farmi dire all’inizio delle cerimonie indette, a chi manifestava preoccupazioni, che da noi non era mai successo nulla di simile, ma mi sono dovuto ricredere. Ma andiamo con ordine, alle ore 9,30 come da programma in via Libertà una piccola delegazione composta dal Sindaco, dal Comandante della Polizia Locale e dal Maresciallo dei Carabinieri con tre nostri soci ha reso omaggio alla targa ricordo di Gaspare Caliniucciso proprio alla vigilia della liberazione e successivamente abbiamo raggiunto la piazza del Comune per l’inizio ufficiale della manifestazione che quest’anno è stata particolarmente seguita da un buon numero di persone e soprattutto valorizzata dalla presenza degli studenti delle scuole accompagnati dalle loro insegnanti. Dopo l’Alzabandiera e la deposizione di una corona d’alloro al Monumento ai Caduti ha avuto inizio il corteo che ha sfilato per le vie cittadine raggiungendo ed onorando le targhe a ricordo dell’uccisione di Natale Pessina in Corso Sempione e dei partigiani Bruzzi e Bozzi ricordati dalla Vicesindaca di Corsico, concittadina di Bozzi, quindi il corteo ha raggiunto il Cimitero sostando sul percorso al cippo che ricorda Silvio Giorgetti anch’egli ucciso, come gli altri Caduti, proprio il 25 aprile del 1945 ed è proprio qui, al Camposanto davanti alle tombe dei Sanvittoresi Caduti che, dopo la benedizione del sacerdote e la lettura della Preghiera dei Combattenti e Reduci letta dal sottoscritto, ha preso la parola la rappresentantedi una associazione che ha iniziato un discorso sfacciatamente politico o per meglio dire partitico che nulla aveva a che fare con la ricorrenza e che a un certo punto mi ha spinto a togliermi il Cappello e ad abbandonare la postazione sopraelevata delle autorità e raggiungere i miei alpini dove l’aria era certamente più respirabile, gesto questo notato da tutti e che ha addirittura spinto la Sindaca Daniela Rossi ad interrompere quell’intervento riportando la cerimonia nel giusto contesto. Se tutti noi alpini presenti non abbiamo tolto il nostro Cappello e ritirato il nostro Gagliardetto (come tra l’altro era stato comunque preventivamente comunicato alle autorità) è stato solo per rispetto verso le tombe di quei ragazzi sanvittoresi morti e dei giovani studenti presenti che non meritavano certamente di vedere stravolta una manifestazione alla quale avevano deciso di partecipare malgrado la giornata festiva, ritengo comunque che non sia corretto ne’ giusto approfittare di una manifestazione organizzata e PAGATA da un Comune, quindi da tutti i cittadini, per fare propaganda elettorale o di partito, se qualcuno vuole sentire un comizio, vi partecipa sapendo cosa va a sentire, altrimenti si rischia, come noi, di venire associati con i nostri simboli quali Cappello e Gagliardetto a chi propugna arbitrariamente le proprie idee e gli Alpini a questo gioco non si sono mai prestati ne’ lo faranno mai. Auguriamoci che quanto successo venga ricordato come primo ed unico caso e ci serva da lezione per il futuro e ad essere meno fiduciosi nella “buonafede” altrui.
Domenica 21 aprile alcuni componenti della S.I.A. hanno effettuato la prevista uscita addestrativa nella località di Baveno e precisamente sulla Ferrata dei PICASASS inaugurata nel 2016 dalla Sezione CAI di Baveno e il cui nome è stato scelto in onore e ricordo di tutte quelle persone, i “picasass” (scalpellini) appunto che fin dall’800 hanno lavorato all’estrazione e alla lavorazione del famoso granito di quelle cave utilizzato per la realizzazione dei più importanti monumenti, primo fra tutti il Duomo di Milano. Arrivati all’attacco dopo meno di un’ora dalla partenza dal posteggio delle auto, è iniziata la “vestizione” utilizzando i dispositivi obbligatori di sicurezza, casco, imbrago, set da ferrata, il tutto naturalmente omologato per ottemperare alle disposizioni stabilite dal Soccorso Alpino e che dovrebbero essere da tutti osservate, infatti abbiamo dato una controllata a due ragazzi in procinto di salire, uno dei quali utilizzava una imbragatura dell’anteguerra chiaramente non idonea all’uso che ne stava facendo e priva di dissipatore in caso di caduta e consigliandogli di provvedere al più presto alla sostituzione anche perché in caso di intervento del Soccorso, se si riscontrano attrezzature non certificate, si deve pagare di tasca propria le spese relative, oltre al rischio di mettere in pericolo la propria vita per poche decine di euro. Ma finalmente si parte e per un’ora e mezza ci godiamo l’arrampicata, sempre in sicurezza, sulla parete attrezzata e concedendoci spesso la splendida vista del Lago Maggiore, del Golfo di Verbania e delle Isole Borromee sotto di noi, nonché delle cime montane ancora ricoperte di neve che fanno d corollario alle valli e ai laghi e godendo di una giornata ideale per questo tipo di attività con una temperatura gradevole. Come ho detto il percorso è veramente ben studiato ed attrezzato, con molti cambi “volanti” ma senza eccessive difficoltà se si tolgono due passaggi alquanto tecnici, quali una cengia strapiombante con un terrazzino che “butta fuori” completamente esposto nel vuoto e il ponte tibetano di quelli lunghi monofilo per i piedi da fare quindi in laterale posto appena prima dell’arrivo sulla vetta del Monte Camoscio che segna il termine della ferrata vera e propria e si congiunge con il sentiero normale che sale da valle. Naturalmente non poteva mancare la foto di gruppo per ricordare la bella giornata con sullo sfondo addirittura lo skilab di Milano con le sue torri e grattacieli visibili chiaramente e, dopo esserci tolta l’attrezzatura dell’arrampicata ci siamo concessi il “rancio” e come sempre anche un semplice panino in quell’ambiente e in compagnia diventa un pasto completo dividendosi quanto portato nello zaino. Dopo aver pranzato decidiamo di non scendere subito dal sentiero più breve ma di fare un giro più lungo passando dal Monte Crocino e dall’Alpe Vedabianon prima di esserci fermati al vicino rifugio “Papà Amilcare” di proprietà degli alpini del Gruppo di Baveno dove abbiamo fatto la conoscenza del Capogruppo intento alla sistemazione in vista di una prossima festa in quota e constatando purtroppo che la riduzione del numero e la scarsa partecipazione dei soci sono un problema associativo comune. Ripresa la marcia e completato il giro che ci eravamo prefissi, in meno di un paio d’ore siamo ritornati al posteggio dove, dopo i saluti e l’arrivederci alla prossima uscita siamo rientrati a casa soddisfatti per una bella e gratificante giornata che ha contribuito a rafforzare l’amicizia che ci lega e che fa da collante ad ogni nostra iniziativa. Franco
A soli 46 anni e dopo una battaglia contro una brutta malattia ci ha lasciato Mariolina Cattaneo, da 20 anni dipendente dell’Associazione Nazionale Alpini e nel comitato di redazione del giornale nazionale L’ALPINO nonché colonna portante del Centro Studi ANA, ma soprattutto una ragazza innamorata degli alpini, della loro storia e delle loro storie, storie che tutti noi abbiamo avuto il piacere di leggere sulle pagine del nostro mensile. Ho avuto la fortuna di conoscerla sia quando mensilmente frequentavo la redazione in via Marsala dove lavorava insieme ai colleghi Valeria e Matteo, dove scambiavo il nostro notiziario con le copie appena sfornate de L’ALPINO che recapitavo in anteprima in sede, sia durante gli appuntamenti associativi in montagna a cominciare dai Pellegrinaggi in Adamello ai quali non mancava mai, si perché l’alpinità la viveva sul campo, con gli scarponi ai piedi e, come diceva sempre, facendosi raccontare dalla viva voce degli ultimi Veci le loro vicende che poi fedelmente riportava sulla carta diventando una enciclopedia vivente delle vicende alpine. Ciao Mariolina e grazie a nome di tutti i nostri Soci per quanto hai saputo donarci e personalmente per avermi dato la possibilità di esserti amico.
Qualche anno fa, in ufficio ricevo una telefonata: “Allievo Comandante di Squadra Enrico Girotti? Terza compagnia, terzo plotone, ottava squadra?” “Comandi!” rispondo e quasi scatto sull’attenti! I colleghi hanno pensato “E’ il capo che chiama! Ne avrà combinata una delle sue”. “Ciao, sono Guido, abbiamo frequentato la Scuola Militare Alpina (SMALP) vent'anni fa. Ho trovato una tua cartolina di allora e mi sono ripromesso di cercarti. Finalmente ci sono riuscito” il tutto con quella cantilena romagnola (sorbole!) che non lasciava dubbi: non era uno scherzo era Guido, un caro amico della mia stessa Squadra alla SMALP. E in un battibaleno mi sono passati davanti agli occhi le guardie alla caserma Cesare Battisti, le esercitazioni di roccia al Castello, i tiri col garand al Buthier, gli sbalzi a Pollein, il campo invernale a La Thuile. Tralascio l’emozione di quel momento, ma anche la sola chiamatala dice lunga suisentimenti di vera amicizia che si instaurano fra Alpini e in particolare fra chi ha frequentato la SMALP. Non è la solita scontata e un po’ mielosa affermazione: con tutto il rispetto per gli altri corpi militari, fra gli Alpini c’è qualcosa di più, qualcosa di speciale che fa dell’amicizia un sentimento molto solido che perdura nel tempo e che anziché affievolirsi cresce ogni volta che ci si sente o meglio ancora ci si vede. Abbiamo deciso di incontrarci. Era passato parecchio tempo e quindi per riconoscerci abbiamo pensato di presentarci all’appuntamento con il cappello alpino: è l’elemento che ci contraddistingue, il lasciapassare che ti apre tutte le porte che crea simpatia e disponibilità da parte di tutti. In quell’incontro abbiamo deciso di cercare gli altri commilitoni. E il risultato è che da tanti anni un nutrito gruppo di Alpini ex ACS e successivamente Sergenti siritrova quasi annualmente con le rispettive famiglie per una miniadunata che per noi conta quasi più dell’adunata nazionale. Provengono da diverse località del Piemonte, del Trentino, dell’Emilia Romagna e della Toscana e qualcuno dalla Svizzera tanto per rendere internazionale l’adunata. Ogni anno uno di noi a turno si incarica di organizzare il “miniraduno”nella località diresidenza: pernottamenti, ristoranti ma soprattutto visite fuori dagli itinerari turistici tradizionali andando a cercare particolarità e facendoci accompagnare da guide che sanno raccontarci qualcosa di inusuale e poco conosciuto. Così abbiamo scoperto una Torino nascosta, una Madonna di Campiglio con paesaggi particolari, una Versilia fra mare e cave di Colonnata, una Ravenna segreta, solo per citarne alcune. Vi lascio solo immaginare le degustazioni locali e i pranzi in luoghi sconosciuti a Tripadvisor ma di grande soddisfazione culinaria e gradimento del palato nonché di apprezzamento delle libagioni locali. Quando è toccato a me ho organizzato l’incontro nelle vicinanze del lago di Como. Era d’obbligo iniziare l’adunata in uno dei rifugi raggiungibili solo a piedi del triangolo lariano; e qui mi sono preso gli improperi di alcune mogli: ma cosa ci posso fare, siete voi che avete sposato degli Alpini, potevate scegliere qualcuno della buffa! L’incontro è proseguito con la tradizionale Messa in ricordo di chi purtroppo è andato avanti. E qui la particolarità: il celebrante è un nostro compagno di Corso che terminata la ferma militare ha pensato di rispondere a un’altra “chiamata” divenendo per noi tutti e per i suoi parrocchiani Don Sergente! Alla nostra obiezione: ma che cosa ti è venuto in mente? La risposta è stata “dopo aver convinto i riottosi muli della Testafochi (caserma di Aosta del IV Alpini) volevo vedere se ero in grado di guidare dei Cristiani.” Quando ha fatto l’ingresso come Parroco è stato scortato da un generale, suo ex comandante, e da noi tutti suoi compagni di Corso che hanno imposto alla banda del paese di suonare il trentatre’! Attualmente è Parroco in un paese del comasco ovviamente di montagna ma appena può lascia le sue pecore in ovile e ci raggiunge nei nostri raduni. Raduni nei quali il ritornello è sempre lo stesso: ti ricordi quella volta che…. con episodi e aneddoti che rimandano all’esperienza vissuta assieme, a momenti nei quali si è creata e nel tempo consolidata una vera amicizia. E ci chiediamo, senza darci una risposta, cosa abbia contribuito a renderla così forte, tanto che un nostro compagno, andato avanti durante il periodo di covid, ha lasciato nel testamento la richiesta di organizzare una miniadunata con lui presente ( le sue ceneri) nella quale dovevano comunque rimanere immutate la convivialità e l’allegria. E le sue volontà sono state puntualmente rispettate.
Esercitazioni di tiro notturno. Si raggiunge il poligono quando è ormai buio pesto. Sistemate le sentinelle in punti strategici per bloccare eventuali intrusi o, considerando l’ora, coppiette in camp...agna, iniziano le operazioni. Primi colpi con il vecchio garand, con gli “zappatori“ che escono dai ripari per indicare i risultati dei tiri. Si passa al FAL (Fucile Automatico Leggero) con colpi singoli e successivamente sventagliate di colpi a ripetizione. Terminata l’esercitazione, ispezione delle armi aiutandosi con pile considerando il buio e l’ora ormai tarda. Si rientra in caserma rigidamente a piedi con una bella marcia tanto per gradire il freddo notturno. Le armi vengono riconsegnate all’armeria con l’armiere che effettua un ulteriore controllo di ciascuna arma. E’ notte fonda e stanchi morti ci sdraiamo nelle brande quando…….un colpo secco ci fa sobbalzare e spaventare! Accorrono tutti guardie, Sergente d’ispezione, Ufficiale di picchetto: cos’è stato? Sembrava un colpo? Chi ha sparato? Proprio dietro la mia branda osservo il muro sbriciolato, e considerando che la mia camerata confinava con l’armeria non c’è voluto molto a capire che il colpo proveniva proprio da quell’ambiente. Verificata la traiettoria del colpo si è capito che era partito da un’arma che, malgrado il doppio controllo, aveva trattenuto un colpo in canna che poi era accidentalmente partito trapassando e sbriciolando il muro di separazione con la camerata. Commissione di indagine, ricerca del colpevole che non aveva fatto la corretta ispezione alla fine dei tiri, e via la burocrazia del caso. Fra le scartoffie, gli interrogatori e le minacce di punizioni nessuno si è accorto della candela comparsa nella cappella della Madonna nella chiesetta della caserma!
Bella e interessante serata quella organizzata in sede per illustrare la storia ma soprattutto gli aspetti meno conosciuti della grande figura di Paolo Caccia Dominioni, architetto, pittore e disegnatore, illustratore, scrittore (Premio Bancarella) e soldato, personaggio di livello internazionale, cui è intitolato il nostro Gruppo.Il relatore dott. Rossetti, Segretario Provinciale dell’Associazione Nazionale Combattenti e Reduci eappassionato cultore delle vicende storiche della famiglia Caccia Dominioni è riuscito a tratteggiarela figura di Paolo Caccia Dominioni in maniera singolare, rifuggendo gli stereotipi normalmente utilizzati in queste presentazioni e illustrando in maniera originale la tumultuosa vita del Conte. Peccato che non sia potuta intervenire per un improvviso malore la figlia,BaronessaAnna Caccia Dominioni perché la testimonianza diretta di vicende così importantiavrebbe reso ancora più avvincente la serata. Franco, comunque, a nome di tutti ha ringraziato la Baronessa anche per il messaggio che ha voluto gentilmente far pervenire e che è stato fatto ascoltare all’inizio della serata. Ricordate le origini storiche e nobiliari del casato Caccia Dominioni di Sillavengo, l’oratore si è soffermato sui tratti caratteristici della personalità del Conte, uomo di grande personalità e cultura acquisita anche attraverso i molteplici viaggi e permanenze all’estero seguendo il padre diplomatico in numerose cancellerie. E unitamente alla cultura una singolare vena artistica che lo portava a rappresentare attraverso disegni e schizzi momenti significativi della vita militare e non. Tratteggi che sicuramente hanno ispirato successivamente, come riconosciuto dallo stesso autore Hugo Pratt, i disegni delle storie di Corte Maltese. E accanto alla cultura e alla vena artistica sono forse più importanti di queste la sensibilità e l’altruismo di Caccia Dominioni. Lo tormentava in particolare l’ansia per l’oblio cui erano destinati i militari caduti ancor giovani e a volte giovanissimi sui campi di battaglia, sensibilità che lo porterà nel secondo dopoguerra alla campagna di ricerca e degna sepoltura dei caduti di ogni nazionalità e credo religioso nella battaglia di El Alamein. Bravo Rossetti a intercalare queste propensioni personali del Conte, con il racconto delle condizioni di vita e purtroppo di morte dei nostri militari al fronte che denotano una profonda conoscenza della storia militare e delle vicende occorse nelle due guerre mondiali. E nel corso dei due conflitti si sviluppa la storia e la carriera militare di Caccia Dominioni caratterizzate da avventurosi e tumultuosi cambiamenti, da agente segreto e informatore a fondatore di reparti di attacco particolarmente audaci quali i lanciafiamme, a comandante di battaglioni del genio guastatori. Ma non solo militare, anche ingegnere e architetto. Le due lauree del Conte lo hanno portato parallelamente dalle vicende storiche a importanti interventi di progettazione e realizzazione di significativi complessi immobiliari come l’ambasciata italiana ad Ankara, dove tra l’altro furono impiegate numerose maestranze di nostri paesani sottratti alla repressione fascista, o ancora più avanti il mausoleo a ricordo dei caduti di El Alamein. Interessante e particolareggiata la ricostruzione della battaglia di El Alamein dove Rossetti ha dimostrato una profonda conoscenza della situazione bellica e delle forze schierate in campo. Con anche la “chicca” del battibecco epistolare fra il Conte e il generale Montgomery. Purtroppo il tempo a disposizione non ci ha permesso di approfondire altri aspetti della poliedrica e avventurosa vita del Conte fra i quali la sua appartenenza alle formazioni partigiane. Argomenti che potranno essere trattati in successivi incontri.
ALPINI A MONZA PER LA GIORNATA REGIONALE DELLA RICONOSCENZA
Sabato 6 aprile si è celebrata la giornata regionale della riconoscenza per la solidarietà e il sacrificio degli alpini, istituita con la legge regionale del 30 settembre 2020 al fine di: promuovere le numerose attività di aiuto, di supporto e di volontariato che da sempre ne caratterizzano l'operato e didiffonderne i valori storici, sociali e culturali, soprattutto tra le generazioni più giovani e in età scolastica. L’assessore Regionale Paolo Franco presente su delega del Presidente Attilio Fontana ha portato il saluto della Regione evidenziando il senso di gratitudine e affetto verso gli Alpini. Le ‘Penne Nere’ incarnano alla perfezione lo spirito dei lombardi, l’attaccamento al territorio, alle tradizioni e al Tricolore”. “Regione Lombardia – ha proseguito Franco – si è sempre dimostrata vicina agli Alpini e alla loro Associazione Nazionale: siamo e saremo sempre dalla parte di chi si spende con abnegazione, tenacia e coraggio per la nostra gente, onora la Patria e vive per la solidarietà. Gli Alpini hanno scritto la storia dell’Italia e della Lombardia e sono in prima fila ogni qual volta è richiesto il loro aiuto. Penso, da bergamasco, all’ospedale da campo costruito in tempi record nella fiera di Bergamo, nei giorni più bui della pandemia. Penso a tutte le circostanze in cui, senza chiedere nulla in cambio, si sono adoperati per aiutare il prossimo con dedizione ed entusiasmo. La Lombardia e l’Italia non possono fare a meno degli Alpini e noi, come Regione Lombardia, non smetteremo mai di ringraziarli”. L’ organizzazione della manifestazione quest’anno è stata affidataalla Sezione di Monza che nell’occasione ha celebrato il suo 95° anniversario di fondazione e bisogna proprio dire che il risultato è stato veramente eccellente, grazie anche alla splendida giornata con una temperatura decisamente estiva ma che ha contribuito alla buona riuscita. Il programma prevedeva l’ammassamento presso l’avancorte della Villa Reale e i numerosi alpini come noi giunti con notevole anticipo hanno approfittato dell’occasione per visitare e godersi il bellissimo parco situato alle spalle della Villa, prima di schierarsi in attesa dell’inizio della manifestazione che ha preso il via con gli Onori resi ai Gonfaloni delle decine di Comuni presenti scortati dai Sindaci, al Labaro dell’Associazione Nazionale Alpini e ai Vessilli Associativi e seguito dalla sempre sentita cerimonia dell’Alzabandiera con l’Inno di Mameli cantato da tutti i presenti. Al termine ha avuto inizio la sfilata accompagnata dalla Fanfara Alpini di Asso che ha percorso le vie Regina Margherita, P.za Citterio, Carlo Alberto, P.za Roma, Italia, Vittoria, per arrivare infine in P.za Trento e Trieste dove si è proceduto alla deposizione di una corona al Monumento e agli Onori ai Caduti, seguiti dalla lettura della Preghiera dell’Alpino al termine della quale l’Ammaina bandiera ha decretato il termine “ufficiale” della manifestazione. Infatti successivamente si è tenuto un incontro con le autorità nell’Aula Magna del Liceo Zucchi seguito dalla Conferenza “Alpini e IMI(Internati Militari Italiani): una storia di sacrificio e solidarietà” con il prof. Luca Frigerio.
Sabato 23 marzo presso l’Arco della Pace di Milano, si è svolta la cerimonia di Giuramento degli Allievi della Scuola Militare TEULIE’ appartenenti al corso “FUMI III”, alla presenza del Presidente del Senato della Repubblica, Sen. Ignazio La Russa, del Capo di Stato Maggiore dell’Esercito, Generale di Corpo d’Armata Carmine Masiello e del Comandante per la Formazione, Specializzazione e Dottrina dell’Esercito, Generale di Corpo d’Armata Carlo Lamanna. Dopo lo schieramento nel piazzale antistante l’Arco della Pace dei giuranti, degli allievi del corso precedente e delle delegazioni delle Associazioni d’Arma e della rappresentanza dei numerosi ex allievi, il simbolico “passaggio della stecca” fra i rappresentanti dei due corsi, c’è stato il momento più significativo con il fragoroso “LO GIURO” gridato in coro dai 74 Allievi all’allocuzione del Comandante della Scuola, Colonnello Antonio Calligaris e al cospetto della Bandiera d’Istituto, decorata di medaglia di Bronzo al Valore dell’Esercito quale solenne atto di fedeltà alla Repubblica Italiana che ne sancisce l’ingresso a pieno titolo nei ranghi dell’Esercito. Rivolgendosi agli allievi, il Capo di Stato Maggiore dell’Esercito ha sottolineato che “la Scuola è un luogo in cui si apprende il valore dell’essere generosi e disponibili verso il prossimo e si impara ad essere coraggiosi e consapevoli; virtù che si fortificano nel senso del comune dovere e alla luce di regole identitarie e di un codice comportamentale improntati alla disciplina, alla coesione e all’insegnamento dell’etica militare. Siate fieri della vostra scelta coraggiosa, dimostrando sempre, qualunque siano i vostri sogni per il futuro, quanto i principi e i valori in cui credete sono solidi e quanto la passione e l’entusiasmo di essere un allievo della Scuola Militare “Teulié” possono essere contagiosi.
Domenica 17 Marzo ci siamo ritrovati in Sede per festeggiare il sessantanovesimo anniversario della fondazione del nostro Gruppo. Era il 1955 quando un gruppetto di penne nere sanvittoresi si trovarono per decidere di dar vita al gruppo alpini Valle Olona con Sede presso il Circolo Combattenti e Reduci. Presidente fu eletto Oreste Sala con vice Della Foglia Luigi. Qualche anno dopo la Sede si traferì presso il Circolo Bel Sit per poi nell’ottobre del 1997 trasferirsi definitivamente ( almeno così speriamo ) nella attuale Sede di Via Alfieri. Negli anni 90 il gruppo modificò la denominazione in quella attuale di Gruppo alpini San Vittore Olona. I lavori richiesero tre anni di tempo compreso il trasferimento del prefabbricato recuperato da quelli assegnati al Friuli dopo il terremoto del 1976. Possiamo essere orgogliosi dell’attuale sistemazione apprezzata da tutti per la sua eleganza oltre al contesto che la circonda. Importante e da sottolineare il clima che tutti, io per primo, percepiscono quando entri e ti guardi in giro; possiamo essere davvero orgogliosi di tutto e speriamo che quanto sopra scritto convinca l’Amministrazione Comunale in occasione del prossimo rinnovo della convenzione. Veniamo alla giornata di Domenica 17 Marzo. Alle ore 09:30 ritrovo in sede, presenti un bel gruppetto di penne nere, in attesa della Santa Messa delle ore 10:00. Non mancavano ( ci sono sempre ) gli amici componenti del gruppo bandistico guidati da ‘Maestro Nicola’ e capitanati dal presidente Bianchi Agostino. Alzabandiera con Inno di Mameli cantato dai presenti e Santa Messa celebrata all’aperto aiutati dal clima favorevole.
Lo scorso anno,2023, il gruppo salutò il coro “VOCI DEL ROSA” con la promessa/augurio di ritrovarsi l’anno successivo ed è quello che avvenne il 3 marzo u.s. Tutto si svolse seguendo il programma ormai collaudato ossia il pomeriggio presso la casa di riposo di San Vittore O. per condividere con gli ospiti un pomeriggio allietato dalle cante eseguite dal coro . Alpini e amici convenuti ebbero ancora una volta l’opportunità di gustare, applaudire quelle canzoni che ormai fanno parte della nostra storiapopolar/musicale : patria, alpini, storie d’amore, motivi paesani e chi più ne ha più ne metta. E’ stato molto bello vedere gliospiti, gli ex giovani, applaudire, entusiasmarsi e forse per un attimo, tornare, speriamo con matura serenità, alla loro gioventù fatta di momentipiù o meno belli,ad una vita trascorsa anche se ora sul viale del tramonto. Ho scritto “ ex giovani” perché con la parola “anziani” mi sarei dato la zappa sui piedi visto che gli anni del sottoscritto non sono “ rosa e fiori” ma …tirem innanz … Fra un applauso e l’altro la mente rifletteva sul nome del coro “Voci del Rosa “.Monte Rosa, splendida montagna assieme al Resegone di manzoniana memoria e il Campo dei Fiori di Varese :è lo splendido panorama che mi affascinava ogni volta che salivo all’ultimo piano dell’ospedale di Busto Arsizio particolarmente durante le terse giornate invernali. Mi sono scoperto ad avere analoghe sensazioni mentre ascoltavo le canzonieseguite dal coro, dai coristiche cantavano con tale e tanta passione da coinvolgere totalmente gli uditori e tutto ciò è stato semplicemente splendido … Tornando alla cronaca : il pomeriggio canoro finì giustamente con , sottinteso, la tacita richiesta per il prossimo anno. Non sono un mago ma credo che l’assenso all’invito sia già scontato … sarà solo questione di stabilire la data compatibile con gli impegni del coro …La giornata richiedeva il rispetto della sperimentata tradizione che vuole assolutamente l’apertura delle porte della nostra sede dopo l’impegno corale e cosi avvenne . Una cosa bellaè vedere come gli amici del coro si sentano a loro agio in casa nostra. Le canzoni, in genere uniscono, fanno gruppo proprio come avvenne quel pomeriggio. Tutti in coro:stonati o meno ,sotto la guida del maestro,fra una portata e l’altra, il dolce e caffè con rimorchio o rinforzo che dir si voglia, si diede il via ad un festival senza uguali .. è possibile anche che qualche volta il maestro abbia diretto con la forchetta piuttosto che con la bacchetta rispettando il folclore in queste situazioni … comunque si arrivò tutti sani e salvi a riva, alla conclusione di questa bella giornata. Peccato per gli assenti privati di questa bella occasione alla quale si potrà rimediare abbastanza in fretta e visto che il tempo scorre più velocemente di quanto non si creda , come dice il titolo: teniamoci pronti “alla prossima …”
Domenica 3 marzo, ospitati nell’aula magnadell’Istituto Leone XIII a Milano si è svolta l’annuale Assemblea generale della Sezione di Milano preceduta come di consueto dalla deposizione di una corona di allora al monumento all’Alpino situato nella piazza antistante l’istituto alla presenza dei rappresentanti dei Gruppi con relativi Gagliardetti. Sbrigate le formalità di registrazione alle 9,30 ha avuto inizio l’assemblea e dopo il doveroso saluto alla Bandiera e la nomina del Presidente, del segretario e degli scrutatori si è entrati nel vivo della mattinata con l’approvazione del verbale della seduta precedente e la consegna delle medaglie ricordo ai Soci con 50 anni di iscrizione all’Associazione, mentre sono stati ricordati i Soci andati avanti nel corso dell’anno passato. Successivamente il Presidente Fusar Imperatore ha consegnato il Gagliardetto agli alpini del nuovo Gruppo della nostra Sezione, il 47° quello di Tribiano ed è stato significativa la presenza sul palco dei rappresentanti dell’amministrazione comunale di quel paese che da oggi può contare sulla presenza degli alpini che saranno certamente un punto di riferimento per tutta la comunità perché, per usare le parole della Sindaca di Brescia Laura Castelletti in Piazza della Loggia in occasione dell’anniversario di Nikolajewka: “Gli alpini sono una risorsa importante della vita delle nostre comunità, un collante della società, strumento di coesione, testimoni di solidarietà e capacità di operare: fortunato è ogni comune in cui ci sia un alpino che insegna l’impegno civile” ….(parole sue). Si è quindi dato seguito all’ordine del giorno che prevedeva la lettura della relazione morale del Presidente e l’esposizione di quella finanziaria da parte dei responsabile economico, seguiti dagli interventi relativi alle relazioni e ad argomenti associativi, che è possibile visionare sul sito sezionale o sul prossimo numero di Veci e Bocia,al termine dei quali il Presidente ha dato le sue risposte. Si è proceduto quindi all’approvazione delle relazioni e si è proceduto all’elezione dei nuovi Consiglieri e del Presidente, quest’ultima per alzata di mano in quanto presente un unico candidato ed è stato quindi rieletto Valerio Fusar Imperatore al quale facciamo gli auguri per un altro mandato alla guida della Sezione di Milano. Dichiarata chiusa l’assemblea sono state ritirate all’uscita le schede relative alla votazione dei nuovi consiglieri tra i quali è risultato eletto il nuovo Consigliere addetto al nostro Gruppo: Gino De Finis di Magenta al quale inviamo le felicitazioni e che è già stato presente alla nostra festa quale sua prima uscita.
Fare memoria: gli Alpini incontrano gli alunni di terza media
Mercoledì 31 gennaio e martedì 6 febbraio abbiamo incontrato le classi terze della Scuole Secondarie di primo grado “Giacomo Leopardi” di San Vittore Olona e “Giuseppe Ungaretti” di San Giorgio su Legnano. Gli incontri, che hanno riguardato un centinaio di studenti, fanno parte del programma definito con la Direzione Didattica volto a far conoscere ai ragazzi che studiano la prima guerra mondiale, aspetti concreti della vita dei soldati al fronte e si inquadrano nel compito previsto dal nostro Statuto di “tenere vive e tramandare le tradizioni degli Alpini”. La presentazione è stata coordinata con gli insegnanti Stefania Paola e Emanuela Fiore di San Vittore Olona e Laura Ori di San Giorgio su Legnano al fine di completare la formazione degli studenti con la presentazione, effettuata in particolareda Franco con l’aiuto di supporti audiovisivi, degli aspetti sociali, logistici e organizzativi del fronte, nonché della dura vita dei soldati durante le lunghe ore di attesa nelle trincee. Le montagne, che fino ad allora erano state luogo di pastori,diventavano il teatro di scontro ma anche di integrazione di culture diverse e di conoscenze fino ad allora inesistenti. Particolarmente coinvolgenti le esemplificazioni e gli aneddoti dell’esperto oratore che hanno reso viva la partecipazione all’evento e suscitato numerose domande consentendo di far percepire concretamente le aspettative, le ansie, le fatiche e i dolori sopportati dai soldati al fronte. Curiosità ha destato la presentazione storica e l’illustrazione dei resti della linea Cadorna, l’impressionante fortificazione ancora visitabile per alcuni tratti a poca distanza da casa nostra. Ancora più interesse gli studenti hanno mostrato nel vedere e poter toccare con mano alcuni reperti presentati durante l’incontro. Frammenti di granate, proiettili, un elmetto come testimonianza viva della battaglia e una gavetta come esemplificazione della sopravvivenza in trincea. Infine il frammento di un rampone da applicare allo zoccolo dei muli ci ha permesso di raccontare anche l’impegno e il grande sacrificio dei mai dimenticati amici a quattro zampe degli alpini. In un momento storico come l’attuale nel quale riaffiorano venti di guerra, la presentazione è servita a far riflettere su quanto sia insensato cercare di risolvere controversie con l’uso della forza: l’auspicio è che tragedie come quella della prima guerra mondiale non abbiano a ripetersi.
….e una settimana dopo, esattamente martedì 6 febbraio,abbiamo replicato in un altro plesso e precisamente alla Scuola Secondaria di Primo Grado “G: Ungaretti” di San Giorgio su Legnano, invitati dalle insegnanti a ripetere l’esperienza, per noi nuova in quel paese, per dare modo, come richiesto da loro, anche a quegli studenti di usufruire della possibilità di un salto nella storia così come i loro compagni sanvittoresi e questa è l’ennesima dimostrazione del fatto che se gli insegnanti condividono i nostri ideali la strada è già certamente tracciata. Infatti sin dal momento dell’accoglienza ci siamo subito sentiti a casa e abbiamo potuto fare la conoscenza delle ragazze e ragazzi delle classi 3°D e 3°F tutti riuniti nella stessa aula video che coordinati dai docenti Fiorella Cerini, Marta Malgrati, Antonella Buonanno e Roberto Gelli, hanno condiviso per quasi due ore l’incontro che ha cercato di coinvolgerli nella dura realtà che ha purtroppo accompagnato soldati e civili costretti a vivere gli orrori della guerra. Infatti lo scopo di questi incontri non è certamente quello di illustrare le cause e le conseguenze del primo conflitto mondiale, in questo gli insegnanti sono certamente e naturalmente più qualificati e preparati di noi, ma di far capire le condizioni di vita che hanno accompagnato per oltre 4 anni i soldati e una popolazione catapultati in uno scenario di morte e privazioni che andavano ad assommarsi ad una vita già grama di suo, con uno strascico di difficoltà e disagi protrattosi anche dopo la fine del conflitto a causa dei tantissimi feriti e soprattutto mutilati che, tornati a casa, diventavano quasi un “peso” in una società prevalentemente agricola a causa della propria invalidità che inibiva il lavoro manuale. E le immagini che venivano proposte, a volte crude, mostravano lo stato di degradazione in cui dovevano sopravvivere per giorni e mesi nelle trincee, fra sporcizia, malattie e a volte inedia in una snervante attesa, nonché le ardite opere ingegneristiche realizzate, specialmente in alta quota, per sopravvivere in condizioni meteorologiche estreme. E dobbiamo dire che l’iniziale timore derivante dal fatto di dover tenere una quarantina di ragazzi in aula per due ore si è alla fine dimostrata infondata, infatti tutto è andato nel verso giusto e grazie all’esperienza maturata in tanti anni di incontri ho potuto notare, a parte alcuni fisiologici casi,un interesse verso le parole e le immagini che venivano loro proposte ed alla fine il fatto di avere un numero maggiore di “pubblico” ci ha permesso di affrontare la mattinata senza bisogno di guardare l’orologio col timore di “sforare” il tempo a disposizione e dando modo ai ragazzi di entrare più in sintonia con noi. Che dire quindi se non rinnovare il ringraziamento alla Direzione e alle insegnanti per la possibilità concessaci di assolvere all’art. 2 del nostro Statuto associativo:"l'Associazione Nazionale Alpini si propone di tenere vive e tramandare le tradizioni degli Alpini, difenderne le caratteristiche, illustrarne le glorie e le gesta" e naturalmente agli Alpini noi associamo ogni soldato di qualsiasi arma e di qualsiasi nazionalità anche perché come diciamo ai ragazzi, le possono anche chiamare “bombe intelligenti” ma non potranno mai sopperire all’ignoranza umana.
Sabato 13 gennaio è andata in onda la ventiquattresima edizione del tradizionale falò di S Antonio, una delle più riuscite a detta dei numerosi partecipanti. In particolare i "gourmet" del falò hanno apprezzato l’accensione, il regolare avvio e la grande esplosione della vampata centrale nonché il collassamento della struttura, roba che neanche un diavolo professionista e specialista saprebbe fare! E di specialisti, meglio ancora di appassionati in questo campo, il Gruppo Alpini di San Vittore Olona ne ha forgiati parecchi. In periodi in cui questa festa tradizionaleè andata via via scomparendo, il Gruppo Alpini ha voluto mantenere pervicacemente viva la tradizione organizzando al meglio e con grande passione l’evento. Alcuni si ricordano ancora quanto questa festa fosse attesa e come era caratteristico vedere il falò in una serata di fitta nebbia (scighera) o addirittura con la neve. Era un momento topico dell’inverno aspettato con trepidazione e curiosità che esercitava un fascino inconfondibile. I contadini addirittura traevano presagi sull’andamento dei raccolti. Tradizione che è andata scomparendo, si diceva. Molte sono le cause che hanno contribuito a questo declino: l’impegno che richiede l’organizzazione di un evento all’esterno, in pieno inverno e condizionato dal tempo, la disponibilità di materiale idoneo da ardere, ma soprattutto le norme di sicurezza e di tutela e rispetto dell’ambiente. Di fronte a queste sfide che hanno scoraggiato quasi tutti coloro che organizzavano questa manifestazione, gli Alpini di San Vittore Olona non si sono arresi e con coraggio e determinazione, ma soprattutto con responsabilità hanno ancora una volta affrontato questo impegno. L’obiettivo quindi è stato quello di realizzare l’evento rispettando le normative, coinvolgendo le autorità, le forzedell’ordine, i distaccamenti locali e provinciali dei vigili del fuoco e predisponendo durante la manifestazione un impeccabile servizio d’ordine e di pronto intervento con transennamenti e la dislocazione di batterie di estintori. La preparazione della pila di legna è iniziata al mattino presto con l’accatastamento di parecchi quintali di pallets e di cartoni da ardere, selezionando accuratamente il materiale e scartando parti inquinanti non compatibili con la combustione a cielo aperto. Un privato ha chiesto di poter portare rami e sterpaglie e dopo una rapida trattativa gli è stato concesso dietro la corresponsione di adeguata fornitura di barbera. Nel frattempo Enryttricista ha predisposto l’impianto elettrico di illuminazione e filodiffusione. D’obbligo la preparazione di cioccolata, panettone e soprattutto di vin brulé considerando la serata fredda. La serata poi è andata per il meglio. Forte affluenza di pubblico e autorità che al suono di “O mia bela Madunina” eseguito dalla banda sanvittorese hanno potuto godere di uno spettacolo veramente unico. In questa occasione gli Alpini avevano garantito cielo stellato con la luna, e così è stato. Per le prossime ricorrenze, a richiesta, possono assicurare “l’atmosfera”creata dalla scighera o dalla neve: agli Alpini nulla è impossibile! Ultimo, ma non ultimo il ricavato delle offerte raccolte durante la serata. Generose le persone intervenute che hanno permesso di raccogliere e devolvere al Centro Giovanile una somma veramente consistente! E per gli Alpini? A loro basta il grazie sincero degli intervenuti che scalda il cuore molto di più del sia pur forte calore sprigionato dal falò di S. Antonio! Arrivederci al prossimo anno!
Ma forse non tutti sanno che cosa c’è dietro questa cenetta organizzata mensilmente presso la nostra sede. C’è un grande lavoro di squadra per fornire ai partecipanti un menu vario preparato da uno staff competente rispettando la cucina a chilometro zero e valorizzando le ricette della tradizione lombarda! Tutto comincia con una sapiente programmazione che sposa la tradizione culinaria con i periodi dell’anno ( il cotechino, la trippa, lo stracotto al momento giusto!). Il tutto descritto in tabelle che riportano per ciascuna ricetta i quantitativi dei singoli ingredienti in relazione al numero di commensali previsti. E’ poi gli acquisti, fase delicata per contenere i costi rispettando la qualità dei prodotti. E qui si esprimono al meglio gli acquisitori che sulla base delle migliori quotazioni di mercato per ciascun ingrediente e di gare fra fornitori che si disputano il titolo di “Fornitori degli Alpini”, approvvigionano le materie prime. (Uffici Acquisti così farebbero l’invidia alle più blasonate Direzioni Approvvigionamenti). La preparazione è tutta da vedere: i giorni precedenti vengono impiegati per preparare accuratamente le diverse pietanze rispettando le norme igienico sanitarie, curando la catena del freddo, pulendo e predisponendo gli ingredienti (ho visto pulire delle cozze come un ristorante giapponese non saprebbe fare). La serata della cena inizia per i cuochi nel primo pomeriggio fra i profumi dei soffritti, la lenta cottura degli arrosti, la predisposizione degli antipasti. Non mancano le discussioni fra i tradizionalisti e chi sposerebbe un po di nouvelle cusine, ma su alcuni piatti non si transige: la cassoeula è quella e non si discute! Un discorso a parte meritano i vini: e qui non c’è discussione, il palato deve essere quello giusto e l’accostamento alle pietanze da sommelier. Il risotto è preparato al momento giusto. Ma su questo piatto così come su altri si diffonde un leggero nervosismo una inquietudine, un interrogarsi con gli occhi: il brodo reggerà la prova del supervisore? Infatti quando arriva c’è un attimo di silenzio e di suspense fino a quando sentenzia: non male, ma serve un dado in più rispetto agli otto che avete messo! La preparazione della sala da pranzo non è un fatto secondario, si cerca di rispettare le affinità di carattere e di assecondare nei limiti del possibile le richieste dei gruppi di amici. Lo svolgersi del pranzo lo lascio immaginare, non serve molta fantasia per vedere un andirivieni di amici alpini che si improvvisano camerieri sotto la supervisione del Capo (sala, in questo caso). Al termine inizia il lavoro di pulizia di piatti, stoviglie e quant’altro utilizzato in cucina nonché della sala da pranzo, ed è bello vedere amici che si improvvisano perfetti addetti di un’impresa di pulizie. Ma quanti sono gli amici che provvedono a tutto questo e in particolare alle fasi più impegnative? Si contano sulle dita di una mano, a volte monca di qualche dito! I nomi non si fanno tanto li conoscete tutti. E’ a loro che va la riconoscenza e il sentito ringraziamento per l’impegno e la dedizione con vero spirito alpino!
Nell’ambito delle normative dettate dal Dipartimento di P.C. e dalla Regione Lombardia, si è tenuta nella giornata di sabato 20 gennaio presso l’aula-studio del 3P di Cesano Maderno un corso Idro Alto Pompaggio HCP (Higt Capacity Pumping) riservato ai Volontari del 2° Raggruppamento (Lombardia ed Emilia Romagna) già in possesso dei requisiti del corso idrogeologico base e finalizzato all’utilizzo delle motopompe GODWIN con capacità di utilizzo fino a 500 metri-cubi all’ora. La presenza a questo corso è stata preceduta dalla compilazione nei giorni precedenti di un questionario riportante la disponibilità dei volontari all’intervento H24 e la partenza entro le 24 ore dalla chiamata in caso di calamità. Erano presenti 25 volontari che sotto la guida dei due docenti Paolo Brambilla e Luca Vianello hanno impegnato la mattinata con la parte teorica riguardante il corretto utilizzo, le prestazioni delle macchine, il comportamento da tenere durante le emergenze anche sotto il profilo della responsabilità accentuata dalle dimensioni dei macchinari e delle attrezzature utilizzate, forti anche dell’esperienza maturata sul campo nel corso dello scorso anno con gli interventi a Bagnacavallo in Emilia Romagna e a Campi Bisenzio in Toscana zone gravemente colpite dalle terribili inondazioni. Infatti possiamo studiare, prevenire ed immaginare ciò che bisogna fare, ma è dall’esperienza sul campo che scaturiscono le criticità e i problemi reali che, a bocce ferme, vengono analizzati, risolti ed entrano a far parte delle regole e comportamenti da applicare in futuro. Prima di iniziare il corso è intervenuto il coordinatore del 2° Raggruppamento, Ettore Avietti, che ha portato il saluto è l’augurio per la giornata rimarcando l’importanza di una formazione adeguata all’impiego operativo perché ora più che mai non è più possibile intervenire armati della sola buona volontà ma occorre essere formati, essere in possesso dei brevetti richiesti dalla legge e rispettare le disposizioni in materia antinfortunistica, unico modo questo per essere sempre in regola e per non rischiare di diventare a nostra volta parte del problema che dovremmo risolvere.