Scrivo o non scrivo?
Questo è il problema e se scrivo, con la BURIANA di questi tempi che c….o scrivo? Sarei ben felice se qualcuno mi desse una risposta, una qualsiasi, non importa. Ormai sono quindici giorni che sono letteralmente chiuso in casa: una volta che hai esaudito qualche … sognata pigrizia, ti domandi e mo? Frastornato da quanto si sente alla tv o si dice fra noi al telefono o tramite internet ormai ti rendi conto che siamo aggrappati solo ad una speranza per chi non crede e ad una fede per altri; ambedue cose non facili: non facili perché la realtà che ci circonda è costituita in gran parte da fatti concreti listati a lutto. Stiamo assistendo ad un crollo di un imperativo imposto da un maniacale arrivismo, da una chimera di potenza infinita, costi quel che costi, fossero pure i morti: adesso ci siamo. Sono bastati solo due mesi per metterci in ginocchio e costringerci a chiedere aiuto al mondo intero: chi l’avrebbe mai detto eppure. Ce la faremo a risalire la china? Siamo nel mezzo di un disastro che mi ricorda la costante domanda che Giuanin faceva al suo sergente, Mario Rigoni Stern autore del famoso “Il sergente nella neve“ Sergentmagiù ghe rivarem a baita? Erano in Russia: nelle postazioni sul Don e durante la tragica ritirata che immortalò l’epopea alpina Giuanin era certo solo della catastrofe che lo circondava e non gli offriva nulla se non una disperata speranza. Erano in guerra, anche noi oggi lo siamo: una guerra diversa nella quale nessuno di noi ha certezze e non può fare scommesse, ma solo resistere e sperare … che finisca presto in modo tale da poter gustare ancora la bellezza della normalità; non sono parole mie ma sentite alla radio, RTL per l’esattezza.
Però in questa cruda realtà c’è qualcosa che non dobbiamo trascurare, anzi. Ora, improvvisamente, ci scopriamo tutti buoni, oddio tutti … anche gli strozzini delle mascherine? Pieni di altruismo, propensi all’aiuto, al cooperare, al darsi una mano, a salutarci senza parlare e renderci conto che abbiamo un vicino di casa, scoprire come attorno o lontano a te ci siano persone che la pensano allo stesso modo. Purtroppo a tuttora non ho ancora capito per qual “prodigio” una categoria di lavoratori troppo spesso considerata zavorra, palla al piede e improduttiva per una società tesa all’onnipotenza adesso sia stata elevata al grado di massimo eroismo da una classe politica che in questi ultimi anni è riuscita ad assassinare la sanità pubblica, lei che non conosce assieme ad altri privilegiati ( vedi giocatori di calcio, ecc.) la fila al CUP e l’appuntamento all’infinito e ora chiede ad una comunità già oberata da tasse e/o balzelli un’ulteriore sostegno economico per questa sanità prossima al crollo. Questi nostri “eroi” continuano in maniera più che massacrante ad essere coerenti nel loro lavoro che li autorizzerebbe allo sciopero più che legittimo visto che stanno pagando con la vita il delirio di una politica sciagurata e demenziale. Nella loro coscienza non esiste vendetta ma solo senso del dovere e lo confermo da ex operatore sanitario. Permettete un ricordo, solo cronaca non ostentazione: gliel’avevo giurata ad un mio responsabile, uno di quello dei piani superiori che umiliandomi mi aveva trattato come uno straccio dall’alto della sua implacabile e boriosa superiorità. Sono passati gli anni ed un giorno me lo sono trovato accartocciato in una carrozzina che mi pregava supplicandomi di portargli un “pappagallo”. Non toccava a me, non era mio compito. Lui non mi aveva riconosciuto ma io SI’; era arrivato il momento e la tentazione era fortissima, ma ho preferito agire, come adesso si comportano tutti i colleghi della sanità coerenti al dovere! Ora voglio solo accomunarmi a quanti resistono in casa ligi alle indicazioni, che si salutano da un balcone all’altro, suonano, sventolando la bandiera nazionale, intonano l’inno d’Italia anche se non sono allo stadio. Qualcuno mi potrebbe obbiettare che si tratta solo di utopie scaramantiche e che la VERA REALTA’ sia tutt’altro: può darsi ma personalmente non voglio privarmi di questa via d’uscita perché, come sperava Giuanin, ghe rivarem a baita.
PIO