Associazione Nazionale Alpini -
Gruppo di San Vittore Olona- Via Alfieri - 20028 San Vittore Olona (MI)
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Il nostro Gruppo a fatica e fra alti e bassi funziona ancora bene e questo grazie al contributo di una parte degli associati, del Capogruppo e .... del "gruppetto". Sono meno delle dita di due mani ma quando si tratta di dare una mano sono sempre disponibili. Se la preparazione e la cucina del disnarello sono importanti per renderlo un momento di coesione e di "alimentazione" in tutti i sensi del Gruppo, se è garantita la manutenzione degli edifici della sede, se l'apertura della sede è assicurata sistematicamente due volte la settimana (uno dei pochi Gruppi), se la predisposizione e la diffusione di questo notiziario avviene ininterrottamente da tanti anni (unico fra tutti i Gruppi della Sezione e forse unico a livello ANA), se serate ed eventi sono un successo, se.... Tutto questo è dovuto sicuramente al contributo di una parte degli associati e in particolare del Capo, ma se non ci fosse quel "gruppetto"?. Si parla tanto di spirito alpino, di altruismo, di senso del dovere, di attaccamento ai valori tramandati da chi ci ha preceduto ma la materializzazione di tutto questo io credo lo si possa ritrovare in quel "gruppetto". Non si tratta di beatificare nessuno e credo che loro stessi non siano affatto inclini a farsi incensare. E' però un dato di fatto che se mancasse la spinta propulsiva, l'abnegazione el'esempio del "gruppetto", molte cose rimarrebbero non fatte, lentamente si vedrebbe un naturale declino delle attività, e poi a spirale ... Non c'è da aggiungere altro anche perché gli interessati non saranno d'accordo sul pubblicare queste poche righe. Però credo sia importante sottolineare quello che fanno e ringraziarli per la dedizione e lo spirito alpino con cui le svolgono.
Se c'è qualcosa che rappresenta al meglio il mio essere Alpino, qualcosa che sintetizza ed esprime compiutamente i valori propri di questo Corpo, questo è il mio Cappello Alpino. Il cappello alpino è un copricapo quando viene consegnato, un fedele compagno durante tutto il periodo militare, un simbolo dopo il congedo. Il mio è un cappello semplice: niente penne lunghe, niente spille o stemmi particolari. E'così come mi è stato dato e come l'ho portato durante tutto il periodo militare. Potrebbe essere indossato domani mattina per una qualsiasi attività operativa. Alla "pulizia" del cappello tengo molto. Il cappello alpino non è solo un copricapo di foggia strana . Non me ne vogliano gli appartenenti ad altri corpi militari, manel cappello alpino sono concentrati più che in altri copricapi militari valori, amicizia, fatiche, sofferenze, soddisfazioni e l'orgoglio con cui lo si porta non è civetteria ma rispetto per tali valori e ricordi. Il cappello alpino non è solo un riconoscimento da usare nei raduni ma è un oggetto che crea simpatia, un prezioso lasciapassare che apre tutte le porte. L'avrete notato tutti, quando si incontra qualcuno si sente sovente l'augurio "evviva gli Alpini". Sono geloso del mio cappello alpino. Preferisco manipolarlo solo io con la scusa che altri non conoscono le precauzioniper la sua giusta conservazione. Possono toccare tutto di me, ma non il cappello! E mi capita di indossarlo oltre che nelle manifestazioni ufficiali a volte anche in casa. Mi rilassa e mi sento meglio. Il mio poi è originale, o quasi.A dire il vero qualcosa di non originale c'è: la penna! Orrore! Ebbene si, la penna originale un po' bufferata dai campi estivi e invernali, quella che coccolavo come un figlio l'ho persa. Fatale è stata la distrazione di accettare un passaggio sotto un ombrello, ovviamente di nascosto dagli occhi di altri alpini, durante un temporale. Il mio cappello alpino porta bene i suoi cinquantacinque anni. Ha avuto bisogno solo recentemente di un breve ricovero per un intervento di restauro presso un cappellaio specializzato che ha sentenziato: tanto di cappello! Spero rimanga con me a lungo, più a lungo possibile e se proprio dovrò lasciarlo che mi accompagni nell'ultimo viaggio.
Scrivere un articolo o meglio quattro righe per il nostro notiziario non è cosi semplice come può sembrarespecialmente se non hai sottomano qualche argomentodi cronaca spicciola, domenicale o meno, quale può essere una partecipazione alla festa di qualche sezione alpina, ad una serata in sede o in casa di altri gruppi con l’opportunità di ascoltare i nostri cori, le nostre canzoni, o qualche conferenza.Tutto ciò, alla fine, significa rimanere, anzi vivere, la nostraassociazione dovenon manca certamente la materia prima. Quando invece ti ritrovi obbligatoin casa, pur tenendosi informato, allora il problema bussa alla porta e quindi per un articolo ti aggrappi a ricordi, o fantasie opiuttosto a elucubrazioni mentali, le più svariate, rischiando di annoiare quantileggono il nostroPenna Nera. Arrivati a ‘sto punto, voglio, anzi più esattamente, tento diaffrontareil rischio sperando nella buona sorte e nella “clemenza della corte”, tranquilli niente ditrascendentale. Avevo bisogno d’assistenza tecnicaper un dispositivo che faceva le bizze per cui interpellai la ditta che subito mi mise in contatocon il tecnico reperibile. Quattro domande/risposte per inquadrare il problema e risposta finale: “ il tempo di arrivare”. Cosi fu. Dopo circa un’ora e mezzasquillò il campanello di casa, abitando io nel legnanese seppi in seguito che il nostro amico arrivava dalla zona di Dalmine perciò più sollecito di cosi; magari mi avrà mandato al diavolo (posso capire memore delle mie esperienze sanitarie riguardo il problema delle reperibilità specialmente notturne) ma se l’aveva fatto non si fece capire quindi tutto nella normalità ecortesia. Risolto il problema rapidamente,com’ è usanza, almeno credo, si offre il classico caffè o bibita a titolo di ringraziamento, insomma cose di questo tipo. Con il caldo infernale di quel giorno il nostro tecnico accettò di buon grado la classica bottiglietta da frigorifero e sembrava che la cosa finisse qui. Fu allora che aumentai la postaesaltandoun liquore che lui doveva assaggiare, subito si mostròrestio, no, grazie , basta cosi. Alla fine capitolò con una frase,ma sì dai, solo un goccio,sono un’ ALPINO! A mia moglie, in quell’attimo in cucina ma che aveva sentito tutto venne spontaneo, hai sentito Pio. In realtà pensò “ah, mò ghe sem" e, con un pizzico di ironia, mentalmente si fecero le classiche domande: dov’eri, che caserma, ecc..ecc. C’eranoi muli e via di questo passo, sempre la stessa storia. Comunque, per rinforzare il miracolo dell’alpinità e come di dovere, risposi al tecnico “anch’io”.Volevo far notare ai benevoli lettori, nel caso ce ne fosse qualcuno, che nella mia sala non c’ènulla di alpino tipo il cappello, guidoncino, posterecc..ecc..cheavesse potuto stuzzicare il nostro ”amico“ e quindi la sua affermazione fu più che spontanea. L’atmosfera del momento cambiò totalmente e subito a cascata, ma tu dove l’hai fatto la naja, il reparto, adunate,ecccondomandee risposte scontate daambo le parti come succede fra alpini anche se non si conoscono e si trovanoin coincidenze non certo programmate. Il tempo passò velocemente,per finire al nostro “amico” prima di congedarsi con un malizioso sorriso d’intesa, gli venne spontaneo "ma sì un ultimo goccetto ma proprio poco, devo guidare" Ciao ALPINO.
Sabato 22 giugno eravamo veramente in tanti ad accompagnare nel suo ultimo viaggio il decano del nostro Gruppo Ampelio Frigo spentosi dopo una breve ma dolorosa malattia. Classe 1933 era nato in quel di Mossano, aveva militato nel 6° Rgt. Alpini ed appena trasferitosi a Canegrate si era iscritto al nostro Gruppo che allora si chiamava VALLE OLONA in compagnia di tanti suoi compaesani che come lui avevano lasciato il Veneto per approdare in una regione che offriva più opportunità lavorative e lì si era sposato con la sua Giovanna e formato una famiglia con Gabriella, e gli adorati nipoti Davide e Andrea. Come ho avuto modo di ricordare al termine della funzione religiosa, il ricordo che ho di Ampelio è quello di una persona sempre pacata, tranquilla, mai sopra le righe e che cercava sempre di sdrammatizzare anche le situazioni a volte complicate che si venivano a creare nel Gruppo e che quasi mezzo secolo fa per noi Bocia ha significato l’anello di congiunzione fra i Veci del Gruppo, reduci della guerra e i nuovi arrivati neo congedati. E’ sempre stato presente alle nostre iniziative e manifestazioni, dalla Cappelletta alla costruzione della Sede e ai momenti conviviali come l’ultima volta in sede a marzo quando abbiamo ricordato i nostri Soci “andati avanti” e anche quando ultimamente non poteva più guidare si faceva accompagnare dai nipoti per godere dei momenti insieme. Ci mancherai Ampelio, mancherai a noi e a chi non ha avuto la fortuna di conoscerti e ci piace pensarti nel Paradiso di Cantore con i vari Brunello, Bertacco, Della Foglia, Deu e tutti quelli che hanno fondato e portato avanti il nostro Gruppo e con loro, come cantiamo nella nostra più bella canzone, che il Signore ti conceda di andare per le Sue montagne.
No, non ho sbagliato data: intendevo proprio il 26 quando finalmente sono finite le polemiche, i cortei, le manifestazioni di una ricorrenza che dovrebbe unire TUTTI gli italiani nel ricordo di una data che ha segnato una svolta epocale nella storia della nostra Nazione così come succede in tutti i paesi civili e democratici e che dovrebbe provocare in queste occasioni un sentimento di fratellanza ed unità, indipendentemente dal credo politico, riconoscendosi sotto l’unico simbolo dell’unità di un Popolo: la Bandiera Nazionale. Non voglio entrare nel merito di quanto successo nelle piazze di alcune importanti città italiane, ma onestamente pensavo che nella nostra piccola realtà di paese fossimo al riparo da ogni strumentalizzazione, tanto da farmi dire all’inizio delle cerimonie indette, a chi manifestava preoccupazioni, che da noi non era mai successo nulla di simile, ma mi sono dovuto ricredere. Ma andiamo con ordine, alle ore 9,30 come da programma in via Libertà una piccola delegazione composta dal Sindaco, dal Comandante della Polizia Locale e dal Maresciallo dei Carabinieri con tre nostri soci ha reso omaggio alla targa ricordo di Gaspare Caliniucciso proprio alla vigilia della liberazione e successivamente abbiamo raggiunto la piazza del Comune per l’inizio ufficiale della manifestazione che quest’anno è stata particolarmente seguita da un buon numero di persone e soprattutto valorizzata dalla presenza degli studenti delle scuole accompagnati dalle loro insegnanti. Dopo l’Alzabandiera e la deposizione di una corona d’alloro al Monumento ai Caduti ha avuto inizio il corteo che ha sfilato per le vie cittadine raggiungendo ed onorando le targhe a ricordo dell’uccisione di Natale Pessina in Corso Sempione e dei partigiani Bruzzi e Bozzi ricordati dalla Vicesindaca di Corsico, concittadina di Bozzi, quindi il corteo ha raggiunto il Cimitero sostando sul percorso al cippo che ricorda Silvio Giorgetti anch’egli ucciso, come gli altri Caduti, proprio il 25 aprile del 1945 ed è proprio qui, al Camposanto davanti alle tombe dei Sanvittoresi Caduti che, dopo la benedizione del sacerdote e la lettura della Preghiera dei Combattenti e Reduci letta dal sottoscritto, ha preso la parola la rappresentantedi una associazione che ha iniziato un discorso sfacciatamente politico o per meglio dire partitico che nulla aveva a che fare con la ricorrenza e che a un certo punto mi ha spinto a togliermi il Cappello e ad abbandonare la postazione sopraelevata delle autorità e raggiungere i miei alpini dove l’aria era certamente più respirabile, gesto questo notato da tutti e che ha addirittura spinto la Sindaca Daniela Rossi ad interrompere quell’intervento riportando la cerimonia nel giusto contesto. Se tutti noi alpini presenti non abbiamo tolto il nostro Cappello e ritirato il nostro Gagliardetto (come tra l’altro era stato comunque preventivamente comunicato alle autorità) è stato solo per rispetto verso le tombe di quei ragazzi sanvittoresi morti e dei giovani studenti presenti che non meritavano certamente di vedere stravolta una manifestazione alla quale avevano deciso di partecipare malgrado la giornata festiva, ritengo comunque che non sia corretto ne’ giusto approfittare di una manifestazione organizzata e PAGATA da un Comune, quindi da tutti i cittadini, per fare propaganda elettorale o di partito, se qualcuno vuole sentire un comizio, vi partecipa sapendo cosa va a sentire, altrimenti si rischia, come noi, di venire associati con i nostri simboli quali Cappello e Gagliardetto a chi propugna arbitrariamente le proprie idee e gli Alpini a questo gioco non si sono mai prestati ne’ lo faranno mai. Auguriamoci che quanto successo venga ricordato come primo ed unico caso e ci serva da lezione per il futuro e ad essere meno fiduciosi nella “buonafede” altrui.
Qualche anno fa, in ufficio ricevo una telefonata: “Allievo Comandante di Squadra Enrico Girotti? Terza compagnia, terzo plotone, ottava squadra?” “Comandi!” rispondo e quasi scatto sull’attenti! I colleghi hanno pensato “E’ il capo che chiama! Ne avrà combinata una delle sue”. “Ciao, sono Guido, abbiamo frequentato la Scuola Militare Alpina (SMALP) vent'anni fa. Ho trovato una tua cartolina di allora e mi sono ripromesso di cercarti. Finalmente ci sono riuscito” il tutto con quella cantilena romagnola (sorbole!) che non lasciava dubbi: non era uno scherzo era Guido, un caro amico della mia stessa Squadra alla SMALP. E in un battibaleno mi sono passati davanti agli occhi le guardie alla caserma Cesare Battisti, le esercitazioni di roccia al Castello, i tiri col garand al Buthier, gli sbalzi a Pollein, il campo invernale a La Thuile. Tralascio l’emozione di quel momento, ma anche la sola chiamatala dice lunga suisentimenti di vera amicizia che si instaurano fra Alpini e in particolare fra chi ha frequentato la SMALP. Non è la solita scontata e un po’ mielosa affermazione: con tutto il rispetto per gli altri corpi militari, fra gli Alpini c’è qualcosa di più, qualcosa di speciale che fa dell’amicizia un sentimento molto solido che perdura nel tempo e che anziché affievolirsi cresce ogni volta che ci si sente o meglio ancora ci si vede. Abbiamo deciso di incontrarci. Era passato parecchio tempo e quindi per riconoscerci abbiamo pensato di presentarci all’appuntamento con il cappello alpino: è l’elemento che ci contraddistingue, il lasciapassare che ti apre tutte le porte che crea simpatia e disponibilità da parte di tutti. In quell’incontro abbiamo deciso di cercare gli altri commilitoni. E il risultato è che da tanti anni un nutrito gruppo di Alpini ex ACS e successivamente Sergenti siritrova quasi annualmente con le rispettive famiglie per una miniadunata che per noi conta quasi più dell’adunata nazionale. Provengono da diverse località del Piemonte, del Trentino, dell’Emilia Romagna e della Toscana e qualcuno dalla Svizzera tanto per rendere internazionale l’adunata. Ogni anno uno di noi a turno si incarica di organizzare il “miniraduno”nella località diresidenza: pernottamenti, ristoranti ma soprattutto visite fuori dagli itinerari turistici tradizionali andando a cercare particolarità e facendoci accompagnare da guide che sanno raccontarci qualcosa di inusuale e poco conosciuto. Così abbiamo scoperto una Torino nascosta, una Madonna di Campiglio con paesaggi particolari, una Versilia fra mare e cave di Colonnata, una Ravenna segreta, solo per citarne alcune. Vi lascio solo immaginare le degustazioni locali e i pranzi in luoghi sconosciuti a Tripadvisor ma di grande soddisfazione culinaria e gradimento del palato nonché di apprezzamento delle libagioni locali. Quando è toccato a me ho organizzato l’incontro nelle vicinanze del lago di Como. Era d’obbligo iniziare l’adunata in uno dei rifugi raggiungibili solo a piedi del triangolo lariano; e qui mi sono preso gli improperi di alcune mogli: ma cosa ci posso fare, siete voi che avete sposato degli Alpini, potevate scegliere qualcuno della buffa! L’incontro è proseguito con la tradizionale Messa in ricordo di chi purtroppo è andato avanti. E qui la particolarità: il celebrante è un nostro compagno di Corso che terminata la ferma militare ha pensato di rispondere a un’altra “chiamata” divenendo per noi tutti e per i suoi parrocchiani Don Sergente! Alla nostra obiezione: ma che cosa ti è venuto in mente? La risposta è stata “dopo aver convinto i riottosi muli della Testafochi (caserma di Aosta del IV Alpini) volevo vedere se ero in grado di guidare dei Cristiani.” Quando ha fatto l’ingresso come Parroco è stato scortato da un generale, suo ex comandante, e da noi tutti suoi compagni di Corso che hanno imposto alla banda del paese di suonare il trentatre’! Attualmente è Parroco in un paese del comasco ovviamente di montagna ma appena può lascia le sue pecore in ovile e ci raggiunge nei nostri raduni. Raduni nei quali il ritornello è sempre lo stesso: ti ricordi quella volta che…. con episodi e aneddoti che rimandano all’esperienza vissuta assieme, a momenti nei quali si è creata e nel tempo consolidata una vera amicizia. E ci chiediamo, senza darci una risposta, cosa abbia contribuito a renderla così forte, tanto che un nostro compagno, andato avanti durante il periodo di covid, ha lasciato nel testamento la richiesta di organizzare una miniadunata con lui presente ( le sue ceneri) nella quale dovevano comunque rimanere immutate la convivialità e l’allegria. E le sue volontà sono state puntualmente rispettate.
Esercitazioni di tiro notturno. Si raggiunge il poligono quando è ormai buio pesto. Sistemate le sentinelle in punti strategici per bloccare eventuali intrusi o, considerando l’ora, coppiette in camp...agna, iniziano le operazioni. Primi colpi con il vecchio garand, con gli “zappatori“ che escono dai ripari per indicare i risultati dei tiri. Si passa al FAL (Fucile Automatico Leggero) con colpi singoli e successivamente sventagliate di colpi a ripetizione. Terminata l’esercitazione, ispezione delle armi aiutandosi con pile considerando il buio e l’ora ormai tarda. Si rientra in caserma rigidamente a piedi con una bella marcia tanto per gradire il freddo notturno. Le armi vengono riconsegnate all’armeria con l’armiere che effettua un ulteriore controllo di ciascuna arma. E’ notte fonda e stanchi morti ci sdraiamo nelle brande quando…….un colpo secco ci fa sobbalzare e spaventare! Accorrono tutti guardie, Sergente d’ispezione, Ufficiale di picchetto: cos’è stato? Sembrava un colpo? Chi ha sparato? Proprio dietro la mia branda osservo il muro sbriciolato, e considerando che la mia camerata confinava con l’armeria non c’è voluto molto a capire che il colpo proveniva proprio da quell’ambiente. Verificata la traiettoria del colpo si è capito che era partito da un’arma che, malgrado il doppio controllo, aveva trattenuto un colpo in canna che poi era accidentalmente partito trapassando e sbriciolando il muro di separazione con la camerata. Commissione di indagine, ricerca del colpevole che non aveva fatto la corretta ispezione alla fine dei tiri, e via la burocrazia del caso. Fra le scartoffie, gli interrogatori e le minacce di punizioni nessuno si è accorto della candela comparsa nella cappella della Madonna nella chiesetta della caserma!
Bella e interessante serata quella organizzata in sede per illustrare la storia ma soprattutto gli aspetti meno conosciuti della grande figura di Paolo Caccia Dominioni, architetto, pittore e disegnatore, illustratore, scrittore (Premio Bancarella) e soldato, personaggio di livello internazionale, cui è intitolato il nostro Gruppo.Il relatore dott. Rossetti, Segretario Provinciale dell’Associazione Nazionale Combattenti e Reduci eappassionato cultore delle vicende storiche della famiglia Caccia Dominioni è riuscito a tratteggiarela figura di Paolo Caccia Dominioni in maniera singolare, rifuggendo gli stereotipi normalmente utilizzati in queste presentazioni e illustrando in maniera originale la tumultuosa vita del Conte. Peccato che non sia potuta intervenire per un improvviso malore la figlia,BaronessaAnna Caccia Dominioni perché la testimonianza diretta di vicende così importantiavrebbe reso ancora più avvincente la serata. Franco, comunque, a nome di tutti ha ringraziato la Baronessa anche per il messaggio che ha voluto gentilmente far pervenire e che è stato fatto ascoltare all’inizio della serata. Ricordate le origini storiche e nobiliari del casato Caccia Dominioni di Sillavengo, l’oratore si è soffermato sui tratti caratteristici della personalità del Conte, uomo di grande personalità e cultura acquisita anche attraverso i molteplici viaggi e permanenze all’estero seguendo il padre diplomatico in numerose cancellerie. E unitamente alla cultura una singolare vena artistica che lo portava a rappresentare attraverso disegni e schizzi momenti significativi della vita militare e non. Tratteggi che sicuramente hanno ispirato successivamente, come riconosciuto dallo stesso autore Hugo Pratt, i disegni delle storie di Corte Maltese. E accanto alla cultura e alla vena artistica sono forse più importanti di queste la sensibilità e l’altruismo di Caccia Dominioni. Lo tormentava in particolare l’ansia per l’oblio cui erano destinati i militari caduti ancor giovani e a volte giovanissimi sui campi di battaglia, sensibilità che lo porterà nel secondo dopoguerra alla campagna di ricerca e degna sepoltura dei caduti di ogni nazionalità e credo religioso nella battaglia di El Alamein. Bravo Rossetti a intercalare queste propensioni personali del Conte, con il racconto delle condizioni di vita e purtroppo di morte dei nostri militari al fronte che denotano una profonda conoscenza della storia militare e delle vicende occorse nelle due guerre mondiali. E nel corso dei due conflitti si sviluppa la storia e la carriera militare di Caccia Dominioni caratterizzate da avventurosi e tumultuosi cambiamenti, da agente segreto e informatore a fondatore di reparti di attacco particolarmente audaci quali i lanciafiamme, a comandante di battaglioni del genio guastatori. Ma non solo militare, anche ingegnere e architetto. Le due lauree del Conte lo hanno portato parallelamente dalle vicende storiche a importanti interventi di progettazione e realizzazione di significativi complessi immobiliari come l’ambasciata italiana ad Ankara, dove tra l’altro furono impiegate numerose maestranze di nostri paesani sottratti alla repressione fascista, o ancora più avanti il mausoleo a ricordo dei caduti di El Alamein. Interessante e particolareggiata la ricostruzione della battaglia di El Alamein dove Rossetti ha dimostrato una profonda conoscenza della situazione bellica e delle forze schierate in campo. Con anche la “chicca” del battibecco epistolare fra il Conte e il generale Montgomery. Purtroppo il tempo a disposizione non ci ha permesso di approfondire altri aspetti della poliedrica e avventurosa vita del Conte fra i quali la sua appartenenza alle formazioni partigiane. Argomenti che potranno essere trattati in successivi incontri.
Domenica 17 Marzo ci siamo ritrovati in Sede per festeggiare il sessantanovesimo anniversario della fondazione del nostro Gruppo. Era il 1955 quando un gruppetto di penne nere sanvittoresi si trovarono per decidere di dar vita al gruppo alpini Valle Olona con Sede presso il Circolo Combattenti e Reduci. Presidente fu eletto Oreste Sala con vice Della Foglia Luigi. Qualche anno dopo la Sede si traferì presso il Circolo Bel Sit per poi nell’ottobre del 1997 trasferirsi definitivamente ( almeno così speriamo ) nella attuale Sede di Via Alfieri. Negli anni 90 il gruppo modificò la denominazione in quella attuale di Gruppo alpini San Vittore Olona. I lavori richiesero tre anni di tempo compreso il trasferimento del prefabbricato recuperato da quelli assegnati al Friuli dopo il terremoto del 1976. Possiamo essere orgogliosi dell’attuale sistemazione apprezzata da tutti per la sua eleganza oltre al contesto che la circonda. Importante e da sottolineare il clima che tutti, io per primo, percepiscono quando entri e ti guardi in giro; possiamo essere davvero orgogliosi di tutto e speriamo che quanto sopra scritto convinca l’Amministrazione Comunale in occasione del prossimo rinnovo della convenzione. Veniamo alla giornata di Domenica 17 Marzo. Alle ore 09:30 ritrovo in sede, presenti un bel gruppetto di penne nere, in attesa della Santa Messa delle ore 10:00. Non mancavano ( ci sono sempre ) gli amici componenti del gruppo bandistico guidati da ‘Maestro Nicola’ e capitanati dal presidente Bianchi Agostino. Alzabandiera con Inno di Mameli cantato dai presenti e Santa Messa celebrata all’aperto aiutati dal clima favorevole.
Lo scorso anno,2023, il gruppo salutò il coro “VOCI DEL ROSA” con la promessa/augurio di ritrovarsi l’anno successivo ed è quello che avvenne il 3 marzo u.s. Tutto si svolse seguendo il programma ormai collaudato ossia il pomeriggio presso la casa di riposo di San Vittore O. per condividere con gli ospiti un pomeriggio allietato dalle cante eseguite dal coro . Alpini e amici convenuti ebbero ancora una volta l’opportunità di gustare, applaudire quelle canzoni che ormai fanno parte della nostra storiapopolar/musicale : patria, alpini, storie d’amore, motivi paesani e chi più ne ha più ne metta. E’ stato molto bello vedere gliospiti, gli ex giovani, applaudire, entusiasmarsi e forse per un attimo, tornare, speriamo con matura serenità, alla loro gioventù fatta di momentipiù o meno belli,ad una vita trascorsa anche se ora sul viale del tramonto. Ho scritto “ ex giovani” perché con la parola “anziani” mi sarei dato la zappa sui piedi visto che gli anni del sottoscritto non sono “ rosa e fiori” ma …tirem innanz … Fra un applauso e l’altro la mente rifletteva sul nome del coro “Voci del Rosa “.Monte Rosa, splendida montagna assieme al Resegone di manzoniana memoria e il Campo dei Fiori di Varese :è lo splendido panorama che mi affascinava ogni volta che salivo all’ultimo piano dell’ospedale di Busto Arsizio particolarmente durante le terse giornate invernali. Mi sono scoperto ad avere analoghe sensazioni mentre ascoltavo le canzonieseguite dal coro, dai coristiche cantavano con tale e tanta passione da coinvolgere totalmente gli uditori e tutto ciò è stato semplicemente splendido … Tornando alla cronaca : il pomeriggio canoro finì giustamente con , sottinteso, la tacita richiesta per il prossimo anno. Non sono un mago ma credo che l’assenso all’invito sia già scontato … sarà solo questione di stabilire la data compatibile con gli impegni del coro …La giornata richiedeva il rispetto della sperimentata tradizione che vuole assolutamente l’apertura delle porte della nostra sede dopo l’impegno corale e cosi avvenne . Una cosa bellaè vedere come gli amici del coro si sentano a loro agio in casa nostra. Le canzoni, in genere uniscono, fanno gruppo proprio come avvenne quel pomeriggio. Tutti in coro:stonati o meno ,sotto la guida del maestro,fra una portata e l’altra, il dolce e caffè con rimorchio o rinforzo che dir si voglia, si diede il via ad un festival senza uguali .. è possibile anche che qualche volta il maestro abbia diretto con la forchetta piuttosto che con la bacchetta rispettando il folclore in queste situazioni … comunque si arrivò tutti sani e salvi a riva, alla conclusione di questa bella giornata. Peccato per gli assenti privati di questa bella occasione alla quale si potrà rimediare abbastanza in fretta e visto che il tempo scorre più velocemente di quanto non si creda , come dice il titolo: teniamoci pronti “alla prossima …”
Sabato 13 gennaio è andata in onda la ventiquattresima edizione del tradizionale falò di S Antonio, una delle più riuscite a detta dei numerosi partecipanti. In particolare i "gourmet" del falò hanno apprezzato l’accensione, il regolare avvio e la grande esplosione della vampata centrale nonché il collassamento della struttura, roba che neanche un diavolo professionista e specialista saprebbe fare! E di specialisti, meglio ancora di appassionati in questo campo, il Gruppo Alpini di San Vittore Olona ne ha forgiati parecchi. In periodi in cui questa festa tradizionaleè andata via via scomparendo, il Gruppo Alpini ha voluto mantenere pervicacemente viva la tradizione organizzando al meglio e con grande passione l’evento. Alcuni si ricordano ancora quanto questa festa fosse attesa e come era caratteristico vedere il falò in una serata di fitta nebbia (scighera) o addirittura con la neve. Era un momento topico dell’inverno aspettato con trepidazione e curiosità che esercitava un fascino inconfondibile. I contadini addirittura traevano presagi sull’andamento dei raccolti. Tradizione che è andata scomparendo, si diceva. Molte sono le cause che hanno contribuito a questo declino: l’impegno che richiede l’organizzazione di un evento all’esterno, in pieno inverno e condizionato dal tempo, la disponibilità di materiale idoneo da ardere, ma soprattutto le norme di sicurezza e di tutela e rispetto dell’ambiente. Di fronte a queste sfide che hanno scoraggiato quasi tutti coloro che organizzavano questa manifestazione, gli Alpini di San Vittore Olona non si sono arresi e con coraggio e determinazione, ma soprattutto con responsabilità hanno ancora una volta affrontato questo impegno. L’obiettivo quindi è stato quello di realizzare l’evento rispettando le normative, coinvolgendo le autorità, le forzedell’ordine, i distaccamenti locali e provinciali dei vigili del fuoco e predisponendo durante la manifestazione un impeccabile servizio d’ordine e di pronto intervento con transennamenti e la dislocazione di batterie di estintori. La preparazione della pila di legna è iniziata al mattino presto con l’accatastamento di parecchi quintali di pallets e di cartoni da ardere, selezionando accuratamente il materiale e scartando parti inquinanti non compatibili con la combustione a cielo aperto. Un privato ha chiesto di poter portare rami e sterpaglie e dopo una rapida trattativa gli è stato concesso dietro la corresponsione di adeguata fornitura di barbera. Nel frattempo Enryttricista ha predisposto l’impianto elettrico di illuminazione e filodiffusione. D’obbligo la preparazione di cioccolata, panettone e soprattutto di vin brulé considerando la serata fredda. La serata poi è andata per il meglio. Forte affluenza di pubblico e autorità che al suono di “O mia bela Madunina” eseguito dalla banda sanvittorese hanno potuto godere di uno spettacolo veramente unico. In questa occasione gli Alpini avevano garantito cielo stellato con la luna, e così è stato. Per le prossime ricorrenze, a richiesta, possono assicurare “l’atmosfera”creata dalla scighera o dalla neve: agli Alpini nulla è impossibile! Ultimo, ma non ultimo il ricavato delle offerte raccolte durante la serata. Generose le persone intervenute che hanno permesso di raccogliere e devolvere al Centro Giovanile una somma veramente consistente! E per gli Alpini? A loro basta il grazie sincero degli intervenuti che scalda il cuore molto di più del sia pur forte calore sprigionato dal falò di S. Antonio! Arrivederci al prossimo anno!
Ma forse non tutti sanno che cosa c’è dietro questa cenetta organizzata mensilmente presso la nostra sede. C’è un grande lavoro di squadra per fornire ai partecipanti un menu vario preparato da uno staff competente rispettando la cucina a chilometro zero e valorizzando le ricette della tradizione lombarda! Tutto comincia con una sapiente programmazione che sposa la tradizione culinaria con i periodi dell’anno ( il cotechino, la trippa, lo stracotto al momento giusto!). Il tutto descritto in tabelle che riportano per ciascuna ricetta i quantitativi dei singoli ingredienti in relazione al numero di commensali previsti. E’ poi gli acquisti, fase delicata per contenere i costi rispettando la qualità dei prodotti. E qui si esprimono al meglio gli acquisitori che sulla base delle migliori quotazioni di mercato per ciascun ingrediente e di gare fra fornitori che si disputano il titolo di “Fornitori degli Alpini”, approvvigionano le materie prime. (Uffici Acquisti così farebbero l’invidia alle più blasonate Direzioni Approvvigionamenti). La preparazione è tutta da vedere: i giorni precedenti vengono impiegati per preparare accuratamente le diverse pietanze rispettando le norme igienico sanitarie, curando la catena del freddo, pulendo e predisponendo gli ingredienti (ho visto pulire delle cozze come un ristorante giapponese non saprebbe fare). La serata della cena inizia per i cuochi nel primo pomeriggio fra i profumi dei soffritti, la lenta cottura degli arrosti, la predisposizione degli antipasti. Non mancano le discussioni fra i tradizionalisti e chi sposerebbe un po di nouvelle cusine, ma su alcuni piatti non si transige: la cassoeula è quella e non si discute! Un discorso a parte meritano i vini: e qui non c’è discussione, il palato deve essere quello giusto e l’accostamento alle pietanze da sommelier. Il risotto è preparato al momento giusto. Ma su questo piatto così come su altri si diffonde un leggero nervosismo una inquietudine, un interrogarsi con gli occhi: il brodo reggerà la prova del supervisore? Infatti quando arriva c’è un attimo di silenzio e di suspense fino a quando sentenzia: non male, ma serve un dado in più rispetto agli otto che avete messo! La preparazione della sala da pranzo non è un fatto secondario, si cerca di rispettare le affinità di carattere e di assecondare nei limiti del possibile le richieste dei gruppi di amici. Lo svolgersi del pranzo lo lascio immaginare, non serve molta fantasia per vedere un andirivieni di amici alpini che si improvvisano camerieri sotto la supervisione del Capo (sala, in questo caso). Al termine inizia il lavoro di pulizia di piatti, stoviglie e quant’altro utilizzato in cucina nonché della sala da pranzo, ed è bello vedere amici che si improvvisano perfetti addetti di un’impresa di pulizie. Ma quanti sono gli amici che provvedono a tutto questo e in particolare alle fasi più impegnative? Si contano sulle dita di una mano, a volte monca di qualche dito! I nomi non si fanno tanto li conoscete tutti. E’ a loro che va la riconoscenza e il sentito ringraziamento per l’impegno e la dedizione con vero spirito alpino!
Presenti: Maggioni, Tacchia,Terragnoli, Candiotto, Cagalli, Frigo, Verzeni, Parini, Morlacchi M., Rogora, Cavallaro, Vegezzi C., Formenti, Gentilucci, Sala, Ciapparelli, Di Leonardo, Morlacchi A., Fontana, Girotti (segretario)
Presiede l’Assemblea Ciresa.
Come da prassi dopo il saluto alla bandiera e il ricordo di quanti sono “andati avanti”, si procede all’approvazione del verbale dello scorso anno. Segue la relazione morale del Capogruppo mirata ad illustrare le svariate attività svolte nel corso dell’anno che hanno raccolto il plauso della popolazione e delle Amministrazioni Pubbliche. Peraltro, per continuare a svolgerle e per migliorarne ancora di più la visibilità e l’apprezzamento, viene fatto un forte richiamo a un maggiore coinvolgimento e partecipazione da parte di tutti: oltre ai diversi momenti pubblici si sottolinea la necessità di contribuire alle attività per il mantenimento della sede sociale. Un passaggio viene riservato alla comunicazione e al ruolo del nostro mensile Penna Nera. L’anno prossimo sarà il trentottesimo di ininterrotta pubblicazione mensile del notiziario che, quantomeno a frequenza, rappresenta un ottimo risultato se non un record da molti invidiato. Si passa alla lettura della relazione finanziaria che riporta favorevolmente una inversione di tendenza rispetto agli anni scorsi evidenziando un attivo sia pur contenuto. Quota associativa: si propone il mantenimento della quota dello scorso anno. Si procede alla votazione delle due relazioni e della decisione riguardo alla quota associativa: il tutto viene approvato all’unanimità. Come da programma si passa al rinnovo di due consiglieri in scadenza per il biennio 2024/2025. Risultano al termine del mandato Erminio Cagalli e Cinzio Vegezzi entrambi rieleggibili. Cinzio Vegezzi rinuncia al rinnovo mentre viene riconfermato all’unanimità Erminio Cagalli. Elezione di un rappresentante degli Amici degli Alpini in Consiglio: viene proposto Candiotto, un Amico degli Alpini di lunga data e attivamente presente nella vita associativa e di Gruppo. Candiotto parteciperà al Consiglio nel rispetto della normativa vigente. La proposta viene approvata a maggioranza. L’Assemblea si chiude alle 22.30.
Anche quest’anno l’amico Stefano Quaglia è venuto a trovarci in sede e questa volta non da solo ma accompagnato dai componenti il neo gruppo musicale quindi: seratamusicale con i ROWAN TREE.Gli anni precedenti Stefano si presentavacon le sue cornamuse e strumenti similari, per carità non chiedetemi il nome dei vari “strumenti” e ci favorival’ascoltodi musiche e melodie prevalentemente nordiche, per l’esattezza irlandesi e scozzesi. Nella serata del 24novembre u.s. ecco il neo complesso formato in primis ovviamente dalle cornamuse assieme a chitarra, violino e percussioni.La capacità delmaestro è stata quello di trovare un punto d’insieme e di fusione musicale dei vari strumenti con un risultato meritevole di applauso.La presenza dei soci, sempre migliorabilenumericamente, unita agli altri intervenuti hanno potuto gradire i vari brani musicali, sia singolie d’insieme, presentati ecommentati da Stefano con l’intento di favorire la comprensione di una musica non usuale alla più parte di noi: in conclusione una bella serata musicale creatasie dai singoli strumenti e dalla coralità nell’esecuzione dei vari pezzi eseguiti. Non sono un tecnico e men che meno un critico d’arte musicalequindi non mi azzarderò a valutazioni in merito, ma sono sicuro che la serata sia stata apprezzata da tutti i partecipanti. Non è scontato che si abbia sempre l’opportunità di simili occasioni ma noi siamo fiduciosi che il gruppo Rowan Tree il prossimo anno ci venga a trovare eStefano e company sanno di essere graditi.
E anche quest’anno come Gruppo abbiamo dato il nostro contributo alla Giornata della Colletta Alimentare con un presidio di 12 ore presso il Supermercato Eurospin di San Vittore Olona che ci ha permesso di raccogliere oltre una tonnellata di generi alimentari che verranno distribuiti alle famiglie bisognose della nostra zona e anche in questa occasione la ricompensa maggiore è stata quella di sentirci dire la solita, ma sempre apprezzata, frase: “Se ci sono di mezzo gli Alpini, allora mi fido”. Un ringraziamento ai soci che si sono resi disponibili per la buona riuscita dell’iniziativa.
Domenica 19 novembre una piccola delegazione del nostro Gruppo, su richiesta della Baronessa Anna Caccia Dominioni, figlia del Col. M.O.V.M. al quale il nostro sodalizio è intitolato, ha partecipato a una semplice ma sentita cerimonia presso la tomba dell'eroe di Al Alamein e realizzatore del Sacrario Italiano laggiù realizzato che raccoglie le salme dei caduti in terra egiziana. Erano presenti anche le delegazioni dei Bersaglieri e Paracadutisti le quali Sezioni sono come noi sono dedicate all’illustre figura ed insieme abbiamo reso il doveroso omaggio. Caccia Dominioni nacque nel 1896 e all'inizio della Grande Guerra si arruolò volontario come soldato semplice nei Bersaglieri per poi frequentare la Scuola Ufficiali e passare da tenente al Genio pontieri guadagnandosi una Medaglia di Bronzo al V.M. e combattendo sul Carso, Brenta e in Libia sino al termine del conflitto. Richiamato in servizio per la guerra d'Etiopia e nella campagna del Nord Africa, partecipò alle due battaglie di Al Alamein dove ricevette la Croce di Ferro dal Gen. Rommel passando successivamente nei Paracadutisti della "Folgore" guadagnandosi un Medaglia d'Argento al V.M. Rientrato in Italia assunse il comando del Genio Guastatori ad Asiago fino all'8 settembre 1943 quando entrò a far parte della 106° Brigata Partigiana "Garibaldi" e nel '44 arrestato e scarcerato per due volte diventò Capo di Stato Maggiore del Corpo Volontari Lombardi per la libertà e per la sua partecipazione alla lotta per la liberazione ricevette una Medaglia di Bronzo al V.M. Dopo la guerra iniziò la missione di recupero nel deserto africano alla ricerca dei Resti delle salme dei Caduti di ogni nazionalità che vennero tumulati nel Sacrario Italiano da lui progettato e voluto ad Al Alamein. Si spense a Roma all'età di 96 anni nel 1992. Nel corso della cerimonia voluta dalla figlia Anna, che ha ricordato con commozione la figura del padre, sono state recitate le preghiere delle tre Armi presenti alla commemorazione svoltasi in modo intimo ma sicuramente molto più sentita perché vissuta col cuore.
Diventa un po’ difficile scrivere quattro righe su quanto sia stato fatto recentemente dal gruppo dato il periodo. Infattinel giro di pochi giorni, ha coinvolto i soci con la partecipazione ai vari impegni di vita associativa e sociale, soliti avvenimenti questi ultimi chesi ripetono ogni anno seguendo una sequenza sempre uguale. Avere per l’occasione del 4 novembre il sorvolo delle “Frecce Tricolori” sul cielo del nostro comune sarebbe solamente pura fantasia.Già dal primo novembre, come tutti sanno, ci siamo ritrovati ad onorare i nostri soci “andati avanti” sepolti nelnostro cimitero e in quelli dei dintorni (con ben otto tappe) per poi partecipare nei giorni a seguire alle cerimonie commemorative del 4 novembre: quella “ufficiale” con onore al monumento dei Caduti, deposizione delle varie corone … Fratelli d’Italia, il Piave,ecc … ecc … Cose che tutti sanno ma che, PURTROPPO, anno per anno vengono sempre più disattese dalla popolazione. I pochi e sparuti partecipanti, visti dall’esterno, sembrano essere quasi delle “mosche bianche” incolonnate dietro ad una banda musicale assieme alle rappresentanze comunali in un corteo che non dice niente a nessuno, condannate fra qualche o pochianni alla completa estinzione. Ma cosa centraMartina in tutto questo?C’entra,c’entra. In realtà si tratta di una piccolissima cosa che però apre alla speranza: sempre di quella si parla, ma veniamo al dunque. Come già detto, fra le varie scadenze annuali il Gruppo, in questo periodo, rispettando una tradizione quasi trentennale, ha in calendario anche l’incontro con le scuole del nostro paese: elementari e medie. Scolari e alpini, con lo scopo di farci conoscere come una associazione fatta di date, di esempi e di valori sempre attuali e,in questa maniera, mettere in pratica quanto ci hanno esortato a fare i nostri veci: ”Per non dimenticare”, comandamento alpino scolpito sulla colonna mozza lassù in Ortigara. Ad onor del vero dobbiamo sottolineare la buona volontà e la disponibilità delleinsegnanti che cercano di preparare gli alunni all’incontro sia nelle aule sia accompagnando gli alunni al cimitero presso la tomba dei Caduti sanvittoresi. Al momento d’incontro in classe è ovvio che dai ragazzi ti puoi aspettare di tutto, dalle domande più inattese a quelle chiaramente suggerite. Fu così che Martina, da subito, si presentò con un foglietto in mano, sì quello della fotocopia che ho dovutoricalcare solamente per esigenze di fotocopia e di stampa.Ha voluto leggerlo davanti a tutti, precisando d’averlo scritto da solala mattina prima di uscire per la scuola. Ora, almeno per quanto mi riguarda, non siamo qui per giudicare se quanto ha scritto sia avvenuto sotto “dettatura”: ma come fai a chiederglielo quando lei da subito ti evidenzia che quelle parole sono “farina del suo sacco?“ Personalmente mi ha colpito e quando, quasi con timore, ho chiesto a Martina se me lo regalava si è preoccupata di assicurarmi che “non c’erano errori di ortografia” solo questo,rimarcandomi ancora una volta di essernel’unica autrice. Alla fine di tutto se questa ragazzina delle Scuole Medie è arrivata a scrivere queste poche righe, a leggerle bene, un po’ di speranza ti viene assieme alla fiduciache qualcosa rimanga in lei anche nel suo futuro, sarebbe già un gran bel risultato.
Su invito della direzione della RSA di San Vittore Olona anche quest’anno un manipolo di alpini ha partecipato alla castagnata presso la locale casa di riposo al fine di donare un pomeriggio in allegria agli anziani ospiti. Piazzato il braciere ed acceso il fuoco abbiamo subito dato via alla cottura delle castagne, a dire il vero già tagliate, e dopo alcune “padellate” abbiamo raggiunto i nonni all’interno dove abbiamo intonato diverse canzoni (chiediamo umilmente perdono per le immancabili stonature) del repertorio alpino mentre le castagne venivano distribuite ed apprezzate. Un ringraziamento particolare alle operatrici Simona, Valentina, Mara (e tutte le altre di cui non ricordo il nome) per la disponibilità e l’affetto come sempre dimostrato nei confronti degli ospiti e un arrivederci alla prossima occasione.
Riuscitissima serata quella di venerdì 3 novembre su “Mario Rigoni Stern - Scrittore ed Alpino”. Il Professor Giancarlo Restelli è riuscito a coinvolgere l’affollata platea nel racconto delle vicissitudini degli alpini durante la ritirata di Russia attraverso la lettura e il commento di alcune pagine del libro di Mario Rigoni Stern," il Sergente nella Neve". La descrizione delle vicende belliche in Russia (allora Unione Sovietica)del Corpo di spedizione italiana in Russia CSIR prima e successivamente nel 1942 dell’Armata italiana in Russia ARMIR e la rappresentazione grafica dello schieramento delle divisioni alpine Tridentina, Julia e Cuneense nell’ambito dell’ottava armata italiana dell’ARMIR, sono state il quadro per la comprensione dello scenario in cui si sviluppa il romanzo. Le divisioni furono impiegate inizialmente per favorire l’accesso al Caucaso, zona ricca di petrolio, delle truppe tedesche e successivamente, dopo la battaglia di Stalingrado, schierate lungo il Don inuno scenario bellico di oltre 270 chilometri di lunghezza. Dopo aspri combattimenti con le soverchianti forze nemiche armate tra l’altro con i potenti carri armati di 28 tonnellate contro i carri italiani di sole 3 tonnellate, le divisioni alpine furono sacrificate in quanto truppe particolarmente resistenti, per consentire il ripiegamento di altri soldati, anche di diversa nazionalità, dal teatro di guerra. Ed è nel Natale del 1942 che inizia il romanzo di Rigoni Stern con le pagine che raccontano la delusionee l’amarezza per essere stati destinati a un simile sacrificio senza essere stati avvisati preventivamente della decisione della ritirata.
“Per non dimenticare” la frase impressa oltre un secolo fa nella Colonna Mozza in vetta all’Ortigara e comandamento che gli alpini hanno impresso nelle finalità associative. E naturalmente il non dimenticare riguarda non solo quanti hanno dato la vita per la Patria calcando un cappello con la penna, ma tutti quegli eroi di tutti i giorni che hanno perso la vita indossando una divisa come le 19 vittime italiane della strage di Nassiriya che il 12 novembre 2003 in Iraq hanno avuto la loro vita distrutta in un attimo. E come tutti gli anni domenica 12 novembre ci siamo ritrovati davanti alla lapide che li ricorda per una commemorazione al fine di onorare il loro sacrificio, con l’amministrazione comunale e soprattutto la rappresentanza dei Carabinieri comandati dal Luogotenente Lisciandro della stazione di Cerro Maggiore “Beato il popolo che non ha bisogno di eroi” è una celebre frase di Bertolt Brecht, ma quello che ha la “sfortuna” di averne è giusto e doveroso che li onori e renda loro giustizia morale con il perenne ricordo.
E’ una semplice operazione matematicama perl’Alpino Ampelio Frigo, sì il nostro Ampelio,questo semplice calcolo ha un grandissimo significato … 90anni: la sua età. Si fa presto a dirlo ma è una somma che per lui significa vita, un’attuale traguardo e un privilegio per pochi e che, pertanto, merita minimo-minimo un momento di festa. Complice la famiglia, il gruppo pensò bene e doverosamente di chiamare a raccolta i soci in sede per condividere con lui questo compleanno, questa linea di arrivo.Questo termine non significa la fine di tutto ma soltanto un “dai”, a quell’avanti che ancora gli aspetta circondato dall’affetto della sua famiglia. Sarebbe interessante passare una serata con lui e farsi raccontare i suoi anni che furono, fatti di lavoro, di polenta e formaggio, di sacrifici, del trasferimento o meglio, esilio, dai suoi Colli Euganei alla Lombardia (a nessuno piace lasciare il proprio paese natio se non costretto e questo la dice lunga), alla prima naja quale emigrato in Francia: ripeto, naja, ma non certo più facile della seconda fra i ranghi del 6° Alpini. E’ giusto ricordare come sia stato uno dei primi iscritti del nostro gruppo e con quanto impegno abbia collaborato alla vita dello stesso oltrealla costruzione della nostra sede sempre in maniera discreta ma costante. Che dire oltre alle felicitazioni di tutti noi? ma non vorrei scivolare nel patetico e quindi: rinnovati auguri Ampelio e viapartenza per laprossima “operazione di matematica” .
Così si possono definire le feste alpine che si susseguono nelle diverse località montane durante tutto il periodo estivo e autunnale. Senza voler nulla togliere agli incontri che si svolgono in altre località, quelle in montagna hanno una loro caratterizzazione particolare. Indubbiamente l’ambiente montano crea le condizioni ideali per questi appuntamenti, ma è lo spirito della gente di montagna che li rende unici. Sono appuntamenti aspettati per tutto l’anno dalle persone del luogo come i più importanti fra le poche occasioni che hanno per incontrarsi, stare insieme in allegria, passare una giornata di festa. E gli alpini sanno interpretare nella maniera migliore lo spirito di attesa e di partecipazione. I Gruppi Alpini del posto si danno da fare, come di consueto, per organizzare questi appuntamenti, spesso gareggiando per dimostrare di aver organizzato la festa migliore. Accade così che il Gruppo Alpini della frazione di un comune organizzi la festa migliore del Gruppo Alpini del comune stesso: si perché in queste località addirittura coesistono nello stesso piccolo comune più Gruppi Alpini! La festa si tiene normalmente in un luogo fuori dal paese, spesso accanto a chiesette o cippi commemorativi degli Alpini. Nel tempo questi luoghi sono anche migliorati sotto il profilo logistico e organizzativo ma quello che li caratterizza è lo scenario alpino che rende ancora più particolare e suggestiva la manifestazione. I preparativi iniziano diversi giorni prima con l’imbandieramento del paese, la pubblicazione delle locandine con il programma della festa, la raccolta di generi alimentari che le aziende agricole locali offronovolentieri per la manifestazione. Nel tempo questi appuntamenti si sono anche arricchiti di incontri culturali quali mostre e convegni relativi all’ambiente alpino e alla vita in montagna. Il giorno della festa è preceduto da una serata in cui si esibiscono diversi cori e, fra un coro e l’altro, si inizia a “carburare “ la manifestazione! La sfilata dei gagliardetti di tutti i Gruppi Alpini della valle apre il corteo accompagnato dal “33” suonato dalla banda del paese (con qualche piccola stonatura che rende ancora più “rustica”la manifestazione).
L’altra sera, venerdì 22 u.s. in sede c’era un po’ di “ accidenti ”, niente di grave ma il problema c’era ed era da risolvere. Cosa scriviamo sul prossimo numero? Tu cosa hai preparato, e tu? silenzio. In sostanza manca la materia prima per il numero di ottobre. Quasi certamente il nostro camminatore (Franco) avrà fatto un resoconto sulle ultime sue scorribande sulle Dolomiti, beato lui. Poi vuoto, siamo a “secco”, nienteda pubblicare. Il nostro notiziario, a giusto titolo si può fregiare di essere un veterano con i suoi 37 anni di vita e con settembre 2023, siamo al numero 425,non sono bruscolini; inoltre, e da sottolineare, il nostro mensile non ha perso un colpo dalla sua nascita. Agli inizi, la redazione alle prime armi era itinerante epassando casa per casa ascoltava i nostri “veci”, i loro racconti ed esperienze del tempo che fu,lavoro, guerra o di immigrazione; materiale a non finire, ultrabbondante per riempire le una/due pagine del nostro neonatonotiziario: le acrobazie per la stampa, poi, erano un’altra cosa; comunque fra un miracolo e l’altro, fino a qui ci siamo arrivati. Ora i tempi sono mutati, sono cambiate le tecniche,migliorate e, addiritturasemplificate ma … ma mancano le firme, manca chi può dare una mano, manca qualche penna chescriva qualcosa, non sono richieste tesi di laurea. Qualcuno, fra noi, sicuramenteavrà qualcosad’interesse da raccontarci, qualche stranezza capitata o episodio magari del proprio servizio militare; io credo che alpinità possa significare anche questo. Addirittura nel nostro “Alpino” troviamo la rubrica “Scritti con la divisa” dove si è invitati a raccontare, a rendere partecipi i soci della corrispondenza dei nostri soldati sparsi in ogni dove, perché non possiamo farlo anche noi nelPenna Nera? Se qualche socio guarda in qualche cassetto, in soffitta o fra i ricordi di famiglia sicuramente troveràqualcosa, che ne so, un diario dal quale “rubare“ qualche pagina che si potrebbe pubblicare nel nostro giornalino. Può essere un’idea, perché non provarci?
Non ci si pensama è costantemente presente nella nostra vita ‘sto motore del tempo;non va a benzina o corrente, caspita, sembraautoalimentato, insomma un fai da te, gratis,ma le cose non stanno proprio cosi. Ognuno di noi lo vive nella propria esistenza con una regolarità e scadenza da superare qualsiasi cambiale. I primi anni è tutto un festeggiare poi pian piano questa giornata non si vorrebbe neppur nominare maquesta data si ripresenta inesorabilmente ogni anno E’ toccato anche al nostro socio, all’alpino Nuccio Meraviglia,ottanta cambiali pagate oppure detto con un po’ d’ironica suggestione: un 20 per 4… Gli annali della storia ricordano come il suo servizio militare sia trascorso presso la Brigata Alpina Orobica /Unità Servizi dalla quale fu congedato nel 1965,insommaqualche anno fa, per continuare poi la sua vita lavorativa nell’ambito calzaturiero. Finalmente èarrivato al meritato riposonell’ambito della sua famigliae le frequenti “fughe” in montagna da vero alpino. Recentemente il nostro capogruppo accompagnato da due amici/soci si è recato a trovarlo per una visita e con una targa ricordo,non c’è che dire,80 anni,un bel traguardo!
Lo scorso 24 luglio è venuta a mancare la Sig.ra Antonietta Catozzo, per quanti di noi la conoscevano l’Antonietta. Era la vedova dello storico Segretario del Valle Olona, Giuseppe Bertacco che 50 anni fa affiancava il Capogruppo Brunello nella conduzione del Gruppo ed era sempre presente alle nostre manifestazioni, tanto da diventare Madrina del nostro Gruppo presente alla benedizione del nuovo Gagliardetto e in diverse occasioni prestatasi in cucina per la preparazione dei pranzi sociali. Ultimamente anche se per problemi di salute non poteva più essere presente fisicamente non mancava mai di interessarsi alla nostra vita associativa quando alcuni di noi si recavano a trovarla o a sentirla per telefono. Ora riposa vicino al suo Giuseppe e alla figlia Lia e a tutta la sua famiglia il Gruppo porge le più sentite condoglianze e la promessa che verrà ricordata in occasione della ricorrenza dei defunti quando ci recheremo a ricordare i nostri Veci andati avanti.
Quello della “Cappelletta” è sicuramente stato uno dei più bei periodi della storia recente del nostro Gruppo che nel lontano 1987 vide la corale partecipazione di Soci ed Amici uniti nella realizzazione di questo manufatto eretto con lo scopo di raccogliere i poveri resti dei defunti vittime della terribile pestilenza che nel lontano 1630 fece oltre un milione di vittime e che colpì in modo significativo anche Canegrate contando più di 400 morti su una popolazione di circa 700 persone. La zona adiacente il corso dell’Olona venne utilizzata come luogo di sepoltura e nel corso dei secoli quasi dimenticato sino all’inizio del secolo scorso quando, scavando nel terreno argilloso necessario alla costruzione dei mattoni della nuova fornace, iniziarono a venire alla luce i poveri resti, e qui entriamo in gioco noi alpini che, come sempre a nostre spese e la gratuita ed entusiasta manodopera, in poco tempo realizzammo questa piccola grande opera per dare degna sepoltura a quei lontani fratelli e dopo l’inaugurazione e la relativa consacrazione, per diversi anni abbiamo festeggiato in loco l’evento organizzando le memorabili feste campestri che vedevano la partecipazione di centinaia di persone. Purtroppo l’incedere del tempo e l’inesorabile avanzamento dell’età dei Soci ha interrotto queste manifestazioni sino a questo anno quando un’idea si è fatta largo: perché non tornare, anche se per poco tempo a ritrovarci davanti alla nostra Cappelletta anche se solo per una preghiera? E’ stato cosi che martedì 23 maggio ci siamo nuovamente riuniti sulle rive dell’Olona per la celebrazione del Rosario grazie soprattutto alla disponibilità di Don Nicola, coadiutore della parrocchia di Canegrate che ha coinvolto tutti nella cerimonia con i suoi modi schietti e la carica di simpatia che ha conquistato i presenti e che, restando a sua volta stupito davanti alla Cappelletta della quale ne’ lui ne’ il Parroco erano a conoscenza dell’esistenza, ha prospettato la possibilità di ripetere la bella esperienza il prossimo anno magari in maniera più completa radunando le persone della zona.
Queste quattro righe traggono lo spunto da un momento di convivialità. Eravamo in sede: in uno dei vari capannelli ascoltavo quanto un socio ci raccontava ossia come avesse dovuto spiegare ad un suo, presumo, conoscente, che l’attività degli Alpini non fossequella ed esclusivamente unica di essere simpatizzanti delle tavolate e dei variprodotti etilici ma che gli iscritti dell’ANA si occupassero anche di ben altro. Ho avuto la sensazione che avesse dovuto faticare non poco per contestare le osservazioni che gli venivano fatteconcludendo finalmente, dopo svariate argomentazioni, chenoi in sede, oltre a ritrovarci armati di forchette e coltelli, organizziamo anche serate a tema culturale, musicale o di interesse collettivo.Il suo interlocutore alla fine tirò i remi in barca con la classica affermazione: ah però, non lo sapevo. Questo, presumo sia il frutto, grazie ai mass-media immediatamente pronti a cavalcare notizie pruriginose, vedi l’esperienza dell’Adunata di Rimini o il comportamento diqualche deficiente, peggio se tesserato “alpino” che, per forza di cose, non manca mai ed ignorare se gli Alpini siano presenti in Emilia Romagna nei terreni alluvionati. Sarei contento se qualcuno mi smentisse. Personalmente nei vari telegiornali non ho vistofinora uno straccio di qualche servizio sulla nostra Protezione Civile Alpina attualmente presente ed impegnata assieme ai tanti ”angeli del fango” a farsi un mazzo così, forse per non far torto a nessuno o, diversamente, sarò io che sono poco attento. Riandando alle prime righe a proposito del solito personaggio che ignora: mi sono riguardato il programma del mese di maggio esposto nel nostro mensile “Penna Nera”: riunione mensile di consiglio con valutazioni di eventuale partecipazione all’Adunata alpina in quel di Udine, a seguire, disnarello in sede, una volta al mese e ci sta, a seguire un’ altro impegno in quel di Canegrate sulle rive del fiume Olona: recita del S.to Rosario in ricordo dei soci Alpini andati avanti, presso la nostra Cappelleta (nostra perché edificata da noi).
Come di consueto martedì 25 aprile il nostro Gruppo ha partecipato compatto ed in buon numero alla cerimonia in occasione della ricorrenza dell’anniversario della liberazione e, complice anche la bella giornata, ha testimoniato con la sfilata attraverso le vie del paese l’importanza dell’evento. Il fatto poi di essere accompagnati da una numerosa delegazione di sanvittoresi che malgrado il lungo “ponte” festivo hanno voluto essere presenti ed il fatto che, forse perché siamo un paese, una comunità dove si guarda più alla sostanza che alle ideologie che alla fine dividono, hanno fatto si che alla fine tutto sia andato per il meglio con finale come sempre molto sentito con la visita insieme agli amici del Complesso Bandistico Sanvittorese alla Casa Famiglia (RSA) dove gli ospiti hanno partecipato con gioia all’esibizione del “banditi”. Ma se a livello istituzionale ed organizzativo tutto è filato per il meglio, mi vorrei riallacciare all’intervento finale del Sindaco Daniela Rossi al termine della cerimonia al Cimitero quando si è tolta il classico “sassolino dalla scarpa” sottolineando la delusione riguardo l’assenza dei bambini delle scuole alla manifestazione, tutti forse coinvolti nel ponte festivo. Eppure scusate ma, personalmente e col senno di poi, a me non è spiaciuta questa assenza e vi spiego il perché. Da circa 30 anni noi alpini andiamo nelle scuole sanvittoresi (e anche fuori paese) nella ricorrenza del 4 novembre, Festa della fine della 1° Guerra mondiale, delle Forze Armate e dell’Unità d’Italia e queste occasioni di incontro con i futuri cittadini iniziano sempre con la cerimonia dell’Alzabandiera durante la quale spieghiamo ai bambini l’importanza di quanto stiamo facendo, del significato di rendere onore a quel Drappo che ci rappresenta in quanto Popolo, una Bandiera nel nome della quale molti giovani hanno dato la vita e che molti prigionieri di guerra hanno diviso in pezzi e si sono cucita addosso per poterla ricomporre una volta tornati a baita perché Essa rappresentava un sacro legame con la propria Patria (terra degli Avi). Ebbene anche in questa occasione di festa, dove tutto è andato bene, l’unica nota stonata, veramente stonata, riguarda il fatto che mentre davanti al Comune veniva issata la Bandiera e successivamente venivano tributati gli Onori ai Caduti al relativo monumento, tutti gli avventori del bar a due metri di distanza se ne stavano spaparanzati sulle sedie bevendo caffè e aperitivi, ciarlando come niente fosse e non mostrando il minimo interesse ne’ rispetto per quanto stava accadendo davanti a loro…e non è la prima volta. Se quel giorno fossero stati presenti i bambini, il prossimo 4 novembre mi sentirei molto ipocrita a spiegare loro come ci si deve comportare durante queste cerimonie dove l’educazione ed il rispetto giocano un ruolo fondamentale e che è importante per costruire le fondamenta della coscienza del futuro cittadino….a meno di non sfruttare questocomportamento per far capire come NON ci si deve comportare e magari suggerendo loro di farsi portavoce verso i cosiddetti “più grandi” dimostrando con l’esempio di avere recepito l’importanza del contegno da tenere in tali circostanze. Beh, può essere un’idea.
Bella serata quella organizzata per “La Campagna di Russia, ieri ed oggi: storia e testimonianze di un sofferto sacrificio a 80 anni dalla tragica conclusione.” A dire il vero l’aspettativa era per un maggior numero di presenti tenendo conto dell’argomento trattato e dell’impegno che comporta l’organizzazione di serate come queste. Peccato, perchérispetto al “solito”, per quanto interessante, racconto della ritirata di Russia, la presentazione fatta nella serata da parte di Danilo Dolcini, uno dei massimi esperti delle vicende relative alla campagna di Russia e membro dell’Associazione culturale sulle orme della storia, è risultata originale coinvolgendo i presenti nei tre momenti in cui si è articolata: la ricostruzione dettagliata delle forze italiane e della loro dislocazione sul territorio durante le diverse fasi della ritirata, la testimonianza attraverso aneddoti e informazioni (gli scarponi, i rifornimenti, il vestiario, eccetera) delle condizioni di vita dei soldati, il racconto fatto dal diretto interessato del percorso effettuato in più occasioni esattamente sul tracciato della ritirata delle nostre truppe. Il tutto supportato da una presentazione multimediale. Molto interessante la rappresentazione supportata da cartine dettagliate degli schieramenti delle truppe e in particolare delle divisioni alpine, le battaglie principali, i movimenti per contrastare le forze avversarie e per sfuggire agli accerchiamenti. Non sono mancati momenti significativi di battaglie come quella nella “valle della morte”, sicuramente il più importante fatto d’arme in Russia almeno per le perdite dalle nostre truppe: dei 25mila soldati circa ”insaccati” in questa località dal 21 al 24 dicembre 1942, solo circa 5mila ne uscirono vivi; tutti gli altri uccisi o presi prigionieri. Si è passati poi a parlare delle condizioni dei nostri soldati, dei supporti tecnici del vestiario, delle scarpe, ecc. ed è stato interessante scoprire attraverso documentazioni e testimonianze che in realtà non eravamo mal messi come in generale si ritiene. Le dotazioni e la qualità delle stesse, pur non essendo perfettamente funzionali alle condizioni ambientali, potevano se opportunamente distribuite e gestite, contenere i disagi e le sofferenze patite dai soldati. Quello che è emerso quindi è stata una scarsa organizzazione e gestione di tutto il materiale di supporto a di assistenza alle truppe che ha contribuito non poco alla perdita di uomini e mezzi durante tutta la campagna e in particolare durante la ritirata.Infine la parte sicuramente più originale attraverso il racconto delle visite effettuate in Russia e del percorso a piedi lungo l’itinerario della ritirata dei soldati. E qui ha destato emozione vedere tramite le ricostruzioni fotografiche le trincee, gli avamposti e i campi di battaglia. Esistono ancora, anche se in parte diroccate, le isbe dove i soldati sostavano per ripararsi dal gelo. Toccante è stato il racconto del ritrovamento di alcune piastrine di nostri soldati che sono state successivamente riconsegnate ai parenti in Italia. Per ultimo alcune fotografie hanno mostrato come per intere lunghe giornate di marcia si confondessero il manto nevoso con l’ambiente circostante e l’orizzonte plumbeo, tutto uguale senza punti di riferimento in una situazione ovattata e con temperature polari che da sole rendevano tragica la ritirata.
Finalmente!!Dopo treanni di sofferenza abbiamo ricominciato. In particolare negli anni 2020 e 2021 non si fece nulla per le direttive sul maledetto Covid che vietava ogni tipo di aggregazione. L’anno scorso 2022 si era festeggiata con alzabandiera e S. Messa in Santuario. Quest’anno un importante progresso con alzabandiera, S. Messa all’aperto davanti alla sede e pranzo ristretto a soci e familiari. Con questa progressione l’anno prossimo ritorneremo ai festeggiamenti del passato (questo è quello che speriamo). Ma torniamo al 26 marzo; ci ha dato una mano il tempo con una mattinata di sole caldo e assenza di vento mentre al pomeriggio è arrivata la pioggia e temperatura in ribasso. Una discreta presenza tra una ventina di alpini, le autorità civili e militari, il corpo bandistico ed un buon numero di persone sicuramente vicine agli alpini. L’evento è iniziato alle ore 10 con la emozione dell’alzabandiera sulle note dell’inno di Mameli suonato dai musicanti in divisa e con tutti i presenti sull’attenti per rispetto al tricolore e con i gagliardetti del nostro gruppo, quello del gruppo di Legnano ed il gonfalone del comune. La S. Messa celebrata dal parroco Don Marco Longoni che ringraziamo per la presenza e per le parole rivolte al nostro gruppo, è stata accompagnata sempre dai brani suonati dal Corpo Bandistico. Alla fine emozionante canto “Signore delle cime“ e preghiera dell’alpino detta con bravura dal nostro capogruppo. Durante la celebrazione abbiamo raccolto una bella sommetta che abbiamo dato al Parroco per le esigenze parrocchiali. Al termine tutti in libertà per uno scambio di saluti e con il piacere di parlare con persone che magari non vedevi da tempo. A seguire aperitivo in sede preparato dal vice capogruppo (bravo Fabio!) per poi continuare con il pranzo servito con la solita bravura dagli addetti alla cucina (un grande grazie!) ad una ventina di commensali (mi ricordo quando eravamo in sessanta……).E fuori iniziava a piovere…..La buona riuscita di questa giornata è anche grazie ai soliti alpini che il giorno prima avevano lavorato rasando il prato e preparando tutto l’occorrente (altarino, sedie, microfono, ecc...….). Bravissimi tuttimentre io mi sono limitato a raccontarlo. Un arrivederci alla prossima e vi aspettiamo numerosi (alpini in primis).