ADAMELLO
Più o meno tutti conoscono o ne hanno sentito parlare di questa montagna o per interesse turistico o storico cosa del resto impossibile da dividere. Chi vuol salire in Adamello dà per scontato sia la bellezza di quella montagna, sia il suo essere un perenne monumento e, a saper guardare, un museo a cielo aperto della guerra del 1915 -18. Questi i presupposti che ci hanno spinto da subito ad accettare la disponibilità del Prof. Giancarlo Restelli, ormai di casa, ad una serata di interesse storico inerente alla guerra in Adamello, “GUERRA BIANCA” è stata definita che sconvolse quel ghiacciaio e quelle montagne durante la prima guerra mondiale. La sera del 18/11 u.s. la nostra sede ospitò un notevole gruppo di interessati all’argomento. Con la sua relazione il Prof. Restelli, ottimo e competente relatore, ci illustrò sia il periodo storico e sia la situazione politica di allora che giustificò la guerra in Adamello data la sua posizione geografica ai confini fra Italia e l’impero austroungarico. Ambedue gli eserciti dovettero far i conti con un conflitto che si combatteva per la prima volta in ambienti sconosciuti e ad altitudini impensabili. Ovviamente le difficoltà in simili situazioni e le modalità per affrontarle erano totalmente da inventare da ambedue gli eserciti. Sorsero audaci avamposti situati oltre i tremila metri, si costruirono le prime grossolane ma ardite teleferiche in contemporanea allo scavo di mine e di rifugi in galleria o nel ghiacciaio vedi la “città di ghiaccio” in Marmolada assieme alle baracche appese sulle parerti di precipizi strapiombanti e bisognose del totale supporto logistico e militare. L’utilizzo dei muli e perfino dei cani impiegati al traino delle slitte oltre alla tecnica alpinistica allora utilizzata seppur rudimentale, sono a testimoniare le difficoltà di quel periodo, tutte opere e memorie che ancor oggi lasciano sbigottiti.
Ora il ghiacciaio purtroppo si sta ritirando, ma questa è un’altra battaglia, scoprendo continue testimonianze: cadaveri di soldati, postazioni, attrezzature, ordigni ancora inesplosi, reticolati a non finire, tutto un “documento” che ci si illude possa servire da monito. Alcuni dei presenti alla serata hanno rinfrescato i ricordi di quei luoghi e la fatica della loro salita da turisti non certo paragonabile a quella di quei soldati, italiani e austriaci. Per loro la bellezza della natura era l’ultima cosa, attaccati solo alla speranza di tornare a baita. Credo sia necessario tener sempre presente tutto ciò assieme a quel “movente turistico” che ci spinge a salire al Pian di neve, pernottare al rifugio “Ai Caduti dell’Adamello", ad arrampicarsi fino alla Cresta Croce e, appoggiati al famoso “ippopotamo”, il cannone di 60 quintali trainato fin lassù, illudersi anche solo un attimo che tutto ciò sia solo un panorama perché, se non si è cretini, una domanda te la fai per forza: che ci fa un cannone a tremila metri?
PIO