UN POMERIGGIO QUALUNQUE
Scrivere un articolo o meglio quattro righe per il nostro notiziario non è cosi semplice come può sembrare specialmente se non hai sottomano qualche argomento di cronaca spicciola, domenicale o meno, quale può essere una partecipazione alla festa di qualche sezione alpina, ad una serata in sede o in casa di altri gruppi con l’opportunità di ascoltare i nostri cori, le nostre canzoni, o qualche conferenza. Tutto ciò, alla fine, significa rimanere, anzi vivere, la nostra associazione dove non manca certamente la materia prima. Quando invece ti ritrovi obbligato in casa, pur tenendosi informato, allora il problema bussa alla porta e quindi per un articolo ti aggrappi a ricordi, o fantasie o piuttosto a elucubrazioni mentali, le più svariate, rischiando di annoiare quanti leggono il nostro Penna Nera. Arrivati a ‘sto punto, voglio, anzi più esattamente, tento di affrontare il rischio sperando nella buona sorte e nella “clemenza della corte”, tranquilli niente di trascendentale. Avevo bisogno d’assistenza tecnica per un dispositivo che faceva le bizze per cui interpellai la ditta che subito mi mise in contato con il tecnico reperibile. Quattro domande/risposte per inquadrare il problema e risposta finale: “ il tempo di arrivare”. Cosi fu. Dopo circa un’ora e mezza squillò il campanello di casa, abitando io nel legnanese seppi in seguito che il nostro amico arrivava dalla zona di Dalmine perciò più sollecito di cosi; magari mi avrà mandato al diavolo (posso capire memore delle mie esperienze sanitarie riguardo il problema delle reperibilità specialmente notturne) ma se l’aveva fatto non si fece capire quindi tutto nella normalità e cortesia. Risolto il problema rapidamente, com’ è usanza, almeno credo, si offre il classico caffè o bibita a titolo di ringraziamento, insomma cose di questo tipo. Con il caldo infernale di quel giorno il nostro tecnico accettò di buon grado la classica bottiglietta da frigorifero e sembrava che la cosa finisse qui. Fu allora che aumentai la posta esaltando un liquore che lui doveva assaggiare, subito si mostrò restio, no, grazie , basta cosi. Alla fine capitolò con una frase, ma sì dai, solo un goccio, sono un’ ALPINO! A mia moglie, in quell’attimo in cucina ma che aveva sentito tutto venne spontaneo, hai sentito Pio. In realtà pensò “ah, mò ghe sem" e, con un pizzico di ironia, mentalmente si fecero le classiche domande: dov’eri, che caserma, ecc..ecc. C’erano i muli e via di questo passo, sempre la stessa storia. Comunque, per rinforzare il miracolo dell’alpinità e come di dovere, risposi al tecnico “anch’io”. Volevo far notare ai benevoli lettori, nel caso ce ne fosse qualcuno, che nella mia sala non c’è nulla di alpino tipo il cappello, guidoncino, poster ecc..ecc.. che avesse potuto stuzzicare il nostro ”amico“ e quindi la sua affermazione fu più che spontanea. L’atmosfera del momento cambiò totalmente e subito a cascata, ma tu dove l’hai fatto la naja, il reparto, adunate, ecc con domande e risposte scontate da ambo le parti come succede fra alpini anche se non si conoscono e si trovano in coincidenze non certo programmate. Il tempo passò velocemente, per finire al nostro “amico” prima di congedarsi con un malizioso sorriso d’intesa, gli venne spontaneo "ma sì un ultimo goccetto ma proprio poco, devo guidare" Ciao ALPINO.
PIO