LA CASA DEGLI ALPINI
Questa estate, dopo tanti anni, ho trascorso le mie vacanze sulle Dolomiti avendo come base la località di Malga Ciapela ai piedi della Marmolada sul versante veneto, ed ho avuto l’occasione di conoscere alcune persone con le quali ho passato del tempo dopo cena. Con una di queste, un emiliano, una sera ho intavolato una discussione sull’importanza per un alpino riguardo la propria sede, sia di Gruppo che di Sezione, considerazioni nate dal fatto di frequentare da una quarantina d’anni, con una certa assiduità, un posto che agli occhi dei più, è un semplice “luogo” ma che per l’alpino rappresenta qualcosa di speciale. Questo nuovo amico insisteva nel dire che una sede associativa, di qualunque associazione, altro non è che un locale piuttosto che una struttura che può essere tranquillamente sostituita da un’altra al bisogno senza che venga sminuita la sua importanza, mentre il sottoscritto era di tutt’altro parere e si lanciava nella “sua” spiegazione. La sede di un Gruppo alpino, dicevo al mio interlocutore, non è solo una sede, ma fa parte della vita dell’alpino stesso, non per nulla la maggior parte di noi quando ci si da appuntamento lo fa dicendo: “ci vediamo in baita”, si baita, non sede, baita come quella che nella domanda del capolavoro “Il sergente nella neve” di Mario Rigoni Stern, il fido Giuanin rivolgeva continuamente: “Sergentmagiu, ghe rivarem a baita?” dove baita, appunto, stava per Nazione, paese, casa e affetti che racchiudevano il mondo sicuro dove poter fare ritorno e stare finalmente in pace.
Ecco per l’alpino la propria sede è tutto questo, il posto dove stare fra amici, amici che hanno ognuno il proprio ruolo nel lavoro, appartenenza politica, credo religioso e orgoglio sportivo ma che, lasciando tutto questo fuori dalla porta, si riconoscono nel Cappello con la penna e negli ideali che i nostri Veci hanno voluto quale base della nostra Associazione e che, a distanza di oltre un secolo, sono ancora attuali e continuano a regolare la vita del nostro sodalizio. I Veci appunto, un altro aspetto che distingue le nostre sedi da tutti gli altri “locali” è il fatto che, pur con una visione sempre proiettata nel futuro, non dimentichiamo MAI chi ci ha preceduto; è per questo che un posto d’onore da noi è sempre riservato al ricordo di chi è “andato avanti” (nella nostra sede in un quadro sono raccolte le fotografie di questi nostri Veci per dare modo anche a chi non li ha conosciuti personalmente di sapere quando si parla del passato, di chi si sta parlando) e il fatto che alcuni famigliari di questi alpini decidano, dopo l’ultimo saluto, di affidarci il Cappello del loro caro, sicuri che da noi sarà sempre onorato, dimostra la credibilità di cui godiamo e il fatto che nella nostra baita ci sarà sempre qualcuno che se ne prenderà cura con il rispetto dovuto. Non dimentichiamo poi il fattore emotivo legato al fatto che la maggior parte delle sedi di Gruppi alpini in Italia sono quei prefabbricati che nel 1976 gli alpini comprarono, eressero e donarono ai fradis furlans dopo il devastante terremoto che rase al suolo il Friuli, ma che il Governo di allora, sulla spinta degli stessi friulani, dopo la ricostruzione decise di rendere agli alpini perché continuassero ad essere ciò per cui erano nati, non semplici manufatti, ma delle case, luoghi del cuore, strutture atte ad ospitare famiglie, non per niente diciamo spesso di far parte della famiglia verde. Naturalmente poi per gli alpini di un gruppo il fatto di recuperare, ricostruire con le proprie mani impegnando mesi e a volte anni di lavoro, esborso di quattrini, impegno costante per mantenere e continuamente abbellire la propria casa, non può che rafforzare il legame con quella che è praticamente impossibile definire una semplice “struttura” perché oramai fa parte della tua vita e della tua famiglia e alla quale spesso hai dedicato più attenzioni che non quelle dedicate alla tua abitazione, quest’ultima si considerata di passaggio. E questa visione, forse un po’ retorica per qualcuno, viene recepita anche da molte amministrazioni locali che considerano il fatto di avere sul proprio territorio una sede, e di conseguenza un gruppo alpino, un valore aggiunto per il paese certi che, all’occorrenza, gli alpini saranno sempre pronti a rispondere “presente” ai bisogni della comunità che a sua volta partecipa sempre con affetto e disponibilità alle iniziative proposte dagli alpini. Beh, per farla breve, alla fine di questa filippica il mio nuovo amico, dopo un minuto di silenzio, mi ha gratificato dicendo che al ritorno al suo paese, Monzuno sull’Appennino emiliano, quando sarebbe passato davanti alla locale sede alpina, l’avrebbe guadata con occhi diversi e, visto che il mio discorso prolungato aveva prodotto una certa arsura alle corde vocali, pensammo giustamente di mitigare tanto ardore con un brindisi alla salute delle Penne Nere.
Franco Maggioni